Mons. Perego paragona i migranti alle vittime delle Foibe

In molti prendono le distanze dalle dichiarazioni di monsignor Gian Paolo Perego, arcivescovo di Ferrara e già direttore della Fondazione Migrantes della Caritas. Durante l’omelia della messa celebrata in occasione del Giorno del Ricordo, infatti, il vescovo ha definito i “cimiteri in fondo al Mediterraneo” come “le nuove foibe di oggi”. (la differenza sostanziale è che i clandestini partono autonomamente, mentre gli Istriani sono stati scaraventati nelle Foibe con la forza – Armando Manocchia)

Un paragone che non ha mancato di sollevare alcune critiche. Come quelle di Marino Micich, direttore dell’Archivio del Museo Storico di Fiume. “Non è un parallelo adeguato – dice all’Adnkronos – Sono due situazioni completamente differenti: le Foibe istriane sono state utilizzate ad opera della polizia segreta jugoslava per uccidere migliaia di persone secondo un piano ben determinato: ‘eliminazione dei nemici del popolo'”. Diverso, invece, il discorso per i migranti morti nel Mediterraneo. Decessi certo da evitare, ma che “avvengono per naufragi, per le condizioni del mare avverse”, spiega Micich, e non per volere di una organizzazione politica come successo per le foibe.

Dello stessa idea è anche Giuseppe Parlato professore ordinario di Storia contemporanea presso la Facoltà di Interpretariato e Traduzione della Università Internazionale di Roma (Unint). “È un parallelo, un paragone piuttosto scivoloso dato che le caratteristiche storiche sono molto diverse”, dice il professore all’Adnkronos invitando comunque a considerare il tutto secondo “un approccio più umano che storico”. Certo, tutte le vittime sono “degne di riguardo”, ma comunque il parallelismo non regge. Il motivo? Dietro le foibe ci sono “responsabilità ben chiare”, un disegno “ideologico”, una “eliminazione scientemente attuata”, mentre “i migranti sono persone che lasciano i propri paesi per necessità”.

Critiche per le parole di monsignor Perego sono arrivate anche dalle associazioni per le vittime delle foibe. Per Edoardo Fonda, presidente del ‘Comitato 10 febbraio’, a “ogni commemorazione bisogna ragionare di quello di cui si sta parlando”, senza mischiare i piani. “Posso capire il parallelismo perché sono morte molte persone però non c’entra né come cause né come contesto storico”, aggiunge Emanuele Bugli, consigliere dell’Anvgd. Mentre per Donatella Schürzel, vicepresidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e presidente dell’associazione di Roma, fare un simile paragone significa “banalizzare la storia”.

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