In vent’anni gli italiani hanno pagato 200 miliardi di tasse in più

Quasi duecento miliardi di tasse in più in vent’anni. Dal 1997 al 2017 il peso delle imposte che gravano sui 41 milioni di contribuenti italiani è infatti aumentato di 198 miliardi di euro (passando da 304 a 502 miliardi) ma con un tasso di evasione pari al 16,3 per cento, con punte del 24,7 in Calabria, del 23,4 in Campania e del 22,3 per cento in Sicilia. A rivelarlo, l’ultima analisi della Cgia di Mestre, che valuta a livello nazionale il livello delle imposte sottratte al fisco intorno ai 114 miliardi di euro.

La ricerca dell’Ufficio Studi della Cgia evidenzia come nei 20 anni considerati le entrate tributarie sono cresciute di oltre 65 punti, un livello nettamente superiore all’andamento dell’inflazione aumentata di quasi 43 punti percentuali.

Peraltro – ricorda la Cgia – “l’armamentario fiscale italiano è composto da oltre 100 voci: una sequela di addizionali e bolli, dai canoni ai contributi, dai diritti alle imposte per passare alle ritenute. Non mancano, ovviamente, le tasse i tributi e le sovraimposte; senza contare che paghiamo, purtroppo, anche le tasse sulle tasse. L’esempio più clamoroso lo subiamo quando ci rechiamo a fare il pieno alla nostra autovettura. La base imponibile su cui si applica l’Iva è composta anche dalle accise sui carburanti”.

Nel 2016 (ultimo anno in cui è possibile effettuare una comparazione con i paesi Ue) i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino al 2 giugno (154 giorni lavorativi), vale a dire 4 giorni in più rispetto alla media registrata nei Paesi dell’area euro e 9 se, invece, la comparazione è realizzata con la media dei 28 Paesi dell’Unione europea. Solo la Francia presenta un numero di giorni di lavoro necessari per pagare le tasse nettamente superiore a quello italiano (+21); tutti gli altri, invece, hanno potuto festeggiare la liberazione fiscale con un netto anticipo. In Germania, ad esempio, 7 giorni prima di noi, in Olanda 12, nel Regno Unito 27 e in Spagna 28. Il paese più virtuoso è l’Irlanda: con una pressione fiscale del 23,6 per cento permette ai propri contribuenti di assolvere gli obblighi fiscali in soli 86 giorni lavorativi .

“Come emerge in molti manuali di scienza delle finanze – sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – con un carico impositivo smisurato anche l’evasione fiscale assume dimensioni economiche preoccupanti”. “In linea generale – segnala il segretario della CGIA Renato Mason – in nessun altro Paese d’Europa viene richiesto uno sforzo fiscale come in Italia. La nostra giustizia civile è lentissima, la burocrazia ha raggiunto livelli ormai insopportabili, la Pubblica amministrazione rimane la peggiore pagatrice d’Europa e il sistema logistico-infrastrutturale registra dei ritardi spaventosi: nonostante queste inefficienze, la richiesta del nostro fisco si colloca su livelli elevatissimi e, per tali ragioni, appare del tutto ingiustificata”.

Oltre all’eccessivo carico fiscale che grava sui contribuenti, concludono dalla CGIA, il problema nel nostro Paese è anche il peso dell’oppressione fiscale che ostacola l’attività quotidiana, soprattutto delle imprese di piccola dimensione. Al netto delle tariffe applicate dai commercialisti per la tenuta della contabilità aziendale, secondo una indagine realizzata periodicamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il costo della burocrazia fiscale in capo agli imprenditori (obblighi, dichiarativi, certificazione dei corrispettivi, tenuta dei registri, etc.) ammonta a circa 3 miliardi di euro all’anno. ADNKRONOS

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