“Non puoi andare in bagno”, operaio di Marchionne (Fca) costretto a urinarsi addosso

Un operaio della Sevel di Atessa (Chieti) è stato costretto a urinarsi addosso perché gli è stato vietato di andare in bagno. Quasi una storia d’altri tempi. Invece è accaduto in uno degli stabilimenti più importanti e più moderni del nostro Paese appartenente al gruppo Fca (ex-Fiat). A denunciarlo è stato il segretario regionale di Rifondazione Abruzzo Marco Fars: “L’azienda ha irrigidito negli ultimi anni il controllo sui lavoratori, i tempi e i ritmi di lavoro, in maniera parossistica, riducendo enormemente le pause”.

In questo quadro, uno dei giovani operai si è dovuto scontrare con le esigenze produttive sollecitate da un capo fabbrica particolarmente rigido nel seguire i dettami imposti, anche a lui, dalla direzione aziendale. Ad essere contestata è “la nuova metrica del lavoro studiata unilateralmente da Fca”. I sindacati, in particolare i sindacati di base e la Fiom hanno reagito immediatamente – con un’ora di sciopero e con uno stato di agitazione permanente – a quella che è stata vissuta come una provocazione.

“Per come la leggo io – ha detto ancora Fars – i fatti sono la diretta conseguenza di come l’ex Fiat ha deciso di operare”. In un quadro di “destrutturazione dei diritti dei lavoratori” voluta dai governi Monti e Renzi, “Marchionne ha avuto la possibilità di calpestare i diritti dei lavoratori”. D’altra parte però, va anche registrato che la fabbrica di Atessa ha mantenuto i posti di lavoro e ha concesso aumenti che superano anche il 7% della paga annua. “Anche nel lavoro nero, anche in Sud Italia ci sono incrementi di produzione: il lavoro servile e schiavistico può portare a incrementi di produzione, ma anche alla destrutturazione completa della dignità umana e dei diritti dei lavoratori”, ha spiegato il segretario di Rifondazione.

Oggi i lavoratori sono estremamente più deboli e sempre più sotto ricatto. “La Sevel finge anche parziali ridistribuzioni dando ogni tanto qualche primalità: una sorta di scambio fra la regalia feudale e il lavoro”. La produzione è oramai al vertice di tutto, per questo “operai e impiegati possono permettersi nemmeno il lusso di andare in bagno”. La capacità produttiva di un impianto come quello Sevel, gestito ora in maniera arrogante, potrebbe essere utilizzata per redistribuire ricchezza alla collettività”. Invece, ha concluso Fars, “arricchisce azionisti e Fca che poi capitalizza negli USA e delocalizza in Serbia e Polonia. Ai lavoratori italiani non resta nulla, nemmeno la dignità umana”.

“La vicenda Sevel”, ha scritto Rifondazione in suo documento, “ci ricorda l’importanza e la necessità di riportare la democrazia reale dentro e fuori le fabbriche. Questo totalitarismo aziendale è il prodotto di anni di “riforme” del lavoro che hanno sottratto ai lavoratori diritti e tutele e accordi sindacali capestro accettati da sindacati “firma tutto”. Questi sono i risultati della cancellazione dell’art.18”.

di Paolo Salvatore Orrù per Tiscali

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