Abolire l’euro è un dovere morale, è una moneta da spazzare via

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2 apr – Se gli “spiriti” avessero incontrato Romano Prodi negli ultimi anni del secolo scorso – come fecero, per sua ammissione, nel ‘78, durante i giorni del sequestro Moro – di certo non sarebbero stati in grado di profetizzare il disastro dell’adesione alla moneta comune europea, per la quale tanto si adoperò.

Non avrebbero potuto prevedere – gli “spiriti” – che l’euro avrebbe raso al suolo qualsiasi possibilità di crescita economica dell’Europa, dove decine di milioni di persone sono costrette ad una disoccupazione che non si frena, superiore al 12% e ad una povertà dilagante: la Spagna ha tre milioni di persone che sopravvivono con redditi mensili inferiori a 307 euro; le cifre ufficiali del Portogallo collocano il 18% della popolazione sotto la soglia della povertà; in Italia, il numero di poveri si è duplicato tra il 2007 e il 2012.

L’Europa dei mercanti e dei banchieri, degli speculatori internazionali, delle lobby finanziarie e burocratiche, difende all’”arma bianca” una moneta artificiale – tre anni fa, Berlusconi la definì, in un sussulto di verità, che però lasciò immediatamente posto alla smentita, «l’unica moneta al mondo senza uno Stato» che costringe gli Stati a rinunciare ad una parte fondamentale della loro sovranità, quella di emettere la propria moneta.

L’unità europea sarebbe garantita, a parere di quasi tutti, proprio dall’euro. Chi prova a dissentire, viene fatto oggetto di paragoni imbarazzanti per chi li fa. In un’intervista apparsa su “Avvenire” lo scorso 25 marzo, intitolata «Fermiamo in tempo i dirottatori dell’Europa», il viceministro degli Esteri, Lapo Pistelli, ha dichiarato: «Se l’exploit nazionalista francese dovesse essere confermato dalle Europee, per la prima volta potrebbero entrare con numeri importanti nell’Aula di Strasburgo partiti che vogliono far deragliare il progetto. Sono come dirottatori su un aereo: non vogliono portare l’Unione europea verso un’altra destinazione, vogliono semplicemente farla schiantare a terra».

Perfino il Presidente della Repubblica ha fatto sentire la sua voce per arginare l’eco della vittoria alle elezioni francesi del Fronte Nazionale di Marine Le Pen – fortemente anti-euro ‒ che ha dilagato ed è risultato primo in numerose città, confermando le previsioni che circolano per le elezioni europee, in base alle quali diventerebbe il primo partito. In occasione delle celebrazioni per i 70 anni dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, Napolitano ha dichiarato: «Bisogna sempre saper ricordare che la pace non è un regalo o addirittura un dato scontato e per quel che riguarda il nostro e gli altri paesi europei è una conquista dovuta a quella unità europea, a quel progetto europeo che oggi da varie parti si cerca di screditare». Ha aggiunto: «Dobbiamo ricordare quello che abbiamo vissuto in Italia ed in Europa e che non si può giocare con queste posizioni che tendono a screditare il nostro patrimonio di lotta per la libertà».

Con buona pace del Presidente della Repubblica, è certo che il “progetto europeo” – politico, evidentemente – equivale ad un grande carrozzone burocratico che costa quasi 2 miliardi di euro all’anno, per il funzionamento delle sedi di Bruxelles e di Strasburgo e per gli stipendi dei suoi 6mila dipendenti – e fino a 10 miliardi di euro (sempre all’anno) per l’intera struttura amministrativa dell’Unione.

Un’istituzione che entra a gamba tesa per indottrinare gli Stati su temi governati dai principi del diritto naturale, che nessuna legge può ledere e che rimane in piedi solo grazie al simulacro della moneta comune. Da spazzare via. Non solo per tornare al disegno originario dell’Europa federale, ma soprattutto per far rivivere un’idea di Europa fondata sui principi, che precedono le logiche economiche e le loro brutali conseguenze.

(Danilo Quinto) corrispondenzaromana

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