Laboccetta: Fini mi parlò già nel 2009 di un piano di Napolitano per eliminare Berlusconi

 

12 febbr . «Prima che politici bisogna essere uomini. E Fini non lo è mai stato». Amedeo Laboccetta, per anni vicinissimo all’ex leader di An, tira un respiro profondo, si rigira tra le mani il sigaro che ha estratto dal taschino venti minuti prima, ma senza accenderlo, e ripete lentamente: «Il golpe contro Berlusconi non è cominciato nell’estate del 2011 come scrive Friedman. Ma molto prima, nel 2009. E a muovere i fili furono il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e quello della Camera Gianfranco Fini, con l’aiuto di settori della magistratura e il “placet” di ambienti internazionali».

L’ex parlamentare Pdl si ferma un attimo, poi aggiunge: «Fini me lo disse in più circostanze. “Ma tu credi che io porterei avanti un’operazione del genere se non avessi un accordo forte con Napolitano?”».

Meglio partire dall’inizio.

«Il feeling tra Fini e il Colle è antico. Quando nel 2008 Berlusconi diventa premier e il leader di An va alla presidenza della Camera, i rapporti con Napolitano diventano strettissimi. Si sentono al telefono praticamente ogni giorno».

Come fa a saperlo?

«Ho assistito a molte di quelle telefonate».

Era così vicino a Fini?

«Lo conosco da quando militavamo insieme nel Fronte della Gioventù. Quando nasce Carolina, la sua prima figlia con Elisabetta Tulliani, pochi parlamentari sono ammessi nella sua abitazione di Montecitorio. Io, Giulia Bongiorno, Andrea Ronchi. Quando gli chiesi il perché di quei pochi inviti, mi disse che eravamo gli unici di cui si fidava. Al battesimo c’erano 28 persone. Al primo compleanno, invece, eravamo in 30. Si erano aggiunti Italo Bocchino e la moglie. E da quel momento cominciarono gli attacchi a Berlusconi».

Semplice coincidenza?

«Una volta Fini mi disse: “Amedeo, tu sogni la grande politica. Bocchino, invece, non crede in niente. E per questo è una persona capace di ogni cosa».

Torniamo al 2009.

«All’inizio Fini giustificò il suo controcanto al Cavaliere come normali reazioni agli attacchi de Il Giornale . Tentai più volte di fargli cambiare idea. Con Dell’Utri facemmo da mediatori. Berlusconi ci chiese cosa voleva Gianfranco, ci chiese se si sentiva troppo stretto nel ruolo di presidente della Camera. E arrivò ad offrirgli la segreteria del partito».

Cosa rispose Fini?

«Mi disse che non avrebbe mai lasciato la terza carica dello Stato perché da lì poteva “tenere per le palle Berlusconi”».

Ci furono altri tentativi di riconciliazione?

«Una volta Berlusconi e Gianni Letta si recarono nell’appartamento di Fini alla Camera. Il Cav gli domandò cosa voleva per piantarla. Fini chiese la testa di due ministri, La Russa e Matteoli, e di Gasparri, che era capogruppo al Senato. Berlusconi trasecolò: “Ma sono tuoi amici”. Fini replicò: “L’amicizia in politica non è un valore”. Ecco, questo era Gianfranco».

Cercò di farlo ragionare?

«Quando dissi a Fini che il suo progetto era ignobile, mi rispose che Berlusconi andava politicamente eliminato. E quando lo “costrinsi” a spiegarmi con quali numeri e appoggi voleva farlo, mi confessò che Napolitano era della partita. Usò proprio queste parole. Aggiunse che presto si sarebbero create le condizioni per un ribaltone e che aveva notizie certe che la magistratura avrebbe massacrato il Cavaliere. “Varie procure sono al lavoro”, mi svelò, “Berlusconi è finito, te ne devi fare una ragione”. E aggiunse che come premio per il killeraggio del premier sarebbe nato un governo di “salvezza nazionale” da lui presieduto con la benedizione del Colle. Quando parlava di Silvio, Gianfranco era accecato dall’odio, sembrava un invasato. Una volta mi disse: “Non avrò pace fino a quando non vedrò ruzzolare la testa di Berlusconi ai miei piedi”».

Cosa accadde poi?

«Siamo nei primi mesi del 2010. Fini mi convoca e mi dice che siamo vicini allo “showdown”. In una riunione di parlamentari “fedeli” io gli obiettai che quello che stava portando avanti era un atto di una miopia enorme e una clamorosa carognata. Allora lui, in privato, mi chiese di vederci a cena. Era la sera del 20 aprile, due giorni prima della direzione del Pdl resa famosa dal “che fai, mi cacci?”».

Cosa le disse in quella cena?

«Che nella direzione non avrebbe rotto, ma si sarebbe limitato a creare un’area di dissenso interna. Evidentemente non era ancora pronto, non era ancora sicuro dei numeri per l’operazione. Io però capii e cominciai ad allontanarmi. Tentai ancora di trovare una conciliazione. Ma Fini disse che ormai era troppo tardi e non poteva tirarsi indietro».

E si arriva al 14 dicembre.

«Mi diedi da fare affinché quel piano saltasse. Convinsi alcuni amici, tra cui Silvano Moffa, ad astenersi e a non votare contro il governo. E ci riuscii. Nel nostro ultimo colloquio, qualche giorno prima, Fini mi disse che stavo perdendo una grande occasione, che aveva i numeri e sarebbe diventato premier. “Tu non pensare che io giochi d’azzardo” aggiunse, “credi che mi muoverei così se non avessi un accordo forte con Napolitano?”».

A Berlusconi ha mai raccontato queste cose?

«Cercai di fargli capire che Fini era solo l’esecutore, ma i disegnatori erano altri. Magari con una regia extranazionale». […]

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4 thoughts on “Laboccetta: Fini mi parlò già nel 2009 di un piano di Napolitano per eliminare Berlusconi

  1. Conosco bene l’ambiente, per aver sempre militato nel MSI e in AN poi, ricoprendo incarichi (presidente di Circolo) e consigliere comunale. Non mi stupisce, dopo aver indossato il kippa, chiaro messaggio, mi aspettavo una convergenza verso i Massoni Finanziari internazionali…la bramosia del potere, lo ha portato alla sua morte politica.

  2. Pur con tutto il mio disprezzo nei confronti di uno squallido personaggio come Gianfranco Fini non posso assolutamente ritenere affidabile uno come Amedeo Laboccetta.

    1. a mangiato nel piatto della destra con la mano della sinistra,è nel suo dna tradire, non perché a tradito Berlusconi, aveva già tradito li proprio partito e i suoi elettori, a tradito i suoi ideali e Giorgio Almirante.

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