Assisi, comunità lager: pazienti imbavagliati, picchiati e legati alle sedie. Ecco le condanne

carabinieri Nas

Francesca Marruco per https://corrieredellumbria.corr.it – Umiliati, picchiati, vessati, insultati. Chiusi a chiave in bagno, o legati mani e piedi alle sedie con dello scotch. Zittiti, sempre con lo scotch a coprire loro la bocca. Messi “per punizione” in piedi faccia al muro, senza potersi sedere. Sempre “per punizione” lasciati fuori dalla struttura. O senza pasto. Tirati per i capelli. Costretti a lavarsi i denti nelle fontane esterne. Per chi sgarrava, c’erano bastonate, calci, pugni e schiaffi. Ma non serviva nemmeno “sbagliare”: a un’ospite anziana che si era addormentata in attesa del pranzo venne tirato un bicchiere d’acqua in faccia. Un altro minacciato col bastone perché voleva vedere il calcio in tv. Un’ospite riportò una frattura al braccio perché uno degli imputati – quello che i pazienti terrorizzati chiamavano Bulldog per i suoi modi violenti – glielo aveva piegato così forte da romperglielo. Pochi giorni dopo perché “temporeggiava nella consumazione del pasto” si legge agli atti, le aveva stretto il naso tra le nocche della mano tanto da farla sanguinare.

Bulldog, al secolo, Bogdan Gancean Radu, ieri è stato condannato a 7 anni e sei mesi di reclusione. E con lui tutti gli altri imputati nel processo scaturito dall’inchiesta su quanto avveniva nella comunità terapeutica di Torchiagina L’Alveare. Ribattezzata comunità lager dopo l’indagine dei Nas allora alla guida del tenente colonnello Marco Vetrulli, coordinati dal pm Michele Adragna. Ieri mattina, il giudice Francesco Loschi, sposando in pieno le risultanze investigative, ha condannato tutti e 11 gli imputati. Pure quelli per cui il pm Filomena D’Amora aveva chiesto l’assoluzione. In totale 45 anni e nove mesi di pene e 170 mila euro totali di provvisionali per i risarcimenti. Il pm aveva chiesto in totale 30 anni di carcere. Gli 11 imputati erano accusati, a vario titolo di maltrattamenti, percosse. Solo alcuni anche di sequestro di persona. E le contestazioni, mai come questa volta, hanno fatto irruzione in aula anche con la proiezione dei filmati catturati dalle telecamere piazzate dai carabinieri, che hanno ripreso per 4 mila ore.

L’orrore è finito sotto gli occhi di tutti, giudice compreso che ieri, ha emesso una condanna particolarmente severa e che non ha risparmiato nessuno, dai gestori agli operatori. In particolare il dottor Fulvio Fraternale è stato condannato a 6 anni, Maria Grazia Chiarello 6 anni e 6 mesi, Bogdan Radu, 7 anni e 6 mesi, Rosa Piscitelli 2 anni e 2 mesi, Matteo Servello 3 anni e 9 mesi, Antonio Vasta 2 anni e 9 mesi, Irene Fraternale Macrì 3 anni, Eleonora Bacchi 2 anni e 9 mesi, Luisa Moschiano 2 anni e 9 mesi e infine Alessio Belardi 5 anni e sei mesi.

Luca Gentili che difendeva Fulvio Fraternale ha sostenuto – depositando una copiosa memoria – che il suo assistito, dominus della struttura e accusato di omissione non era consapevole dei comportamenti degli operatori anche a causa di un grave infortunio di cui il gestore, oggi 78enne, rimase vittima nel periodo in cui sarebbero avvenute le violenze. Il legale ha sottolineato che le condotte degli operatori “esorbitano dalla sua sfera di controllo”.

Dopo la lettura della sentenza, il legale dice: “Dovremo attendere la motivazione perché francamente non riusciamo davvero a comprendere la ragione di questo eccessivo rigore sanzionatorio nei confronti di persone che in fondo si sono sempre adoperate per offrire un futuro a tutti gli ospiti della Comunità anche a coloro che fino ad allora avevano trascorso la propria vita tra un ospedale psichiatrico giudiziario e i repartini tra un Tso ed un altro. In fondo l’istruttoria dibattimentale ha restituito un quadro completamente diverso da quello emerso nel corso delle indagini preliminari. Per cui sono convinto che la vicenda giudiziaria sia tutt’altro che chiusa. Questo è solo il primo grado”.

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