Lettera aperta a Papa Bergoglio

Lettera aperta a Papa Bergoglio (che essendo un Papa social è più facile che la legga qui che non scalando il cerimoniale di rito che la censurerebbe prima ancora di partire).

di Elisabetta Aldrovandi


Esimio Papa Bergoglio (probabilmente non si dice così ma essendo in un contesto informale mi perdonerà), ho sempre pensato che il Capo della Chiesa fosse quello dei cattolici, ossia di coloro che credono che Gesù sia il figlio di Dio, che sia morto per noi liberandoci da tutti i peccati, e che il nostro sia un Dio così buono e generoso da perdonarci qualsiasi crudeltà possiamo compiere nella vita. E soprattutto, ho sempre pensato che i poveri e bisognosi del mondo fossero per i cattolici tutti uguali. E invece ho scoperto che non è così.

Che ciò che interessa (o meglio, deve interessare) a chi aspira al Regno dei Cieli sono gli immigrati e i figli degli immigrati, perché loro sono i veri figli di Dio, loro sono coloro ai quali Gesù dà la cittadinanza, e la carità cristiana possiamo dimostrarla solo accogliendo loro. Loro. E gli altri? Perché di bisognosi al mondo (e in Italia) ce ne sono, e parecchi. Mai avrei immaginato che un Papa potesse distinguere gli uomini in categorie, dando priorità a un povero piuttosto che a un altro.

Non scadrò nella solita polemica di ricordare tutte le altre categorie di persone in difficoltà perché farei il Suo gioco, caro Papa. E allora ricorderò soltanto che il potere temporale della Chiesa è cessato qualcosa come quasi centocinquant’anni fa, e che se Lei desidera mantenere quell’aura di spiritualità che dovrebbe renderla una guida per gli uomini, siano essi credenti o no, forse certi messaggi neanche troppo subliminali di propaganda politica dovrebbe lasciarli a chi, di quella propaganda, si sporca le mani (e talvolta la coscienza) ogni giorno. Resti puro, come l’abito bianco che indossa. E resti il Papa non dell’universalità degli uomini. Ma dei cattolici.

Un cordiale saluto (la stima, purtroppo l’ho persa, spero momentaneamente, qualche Angelus fa).

Elisabetta Aldrovandi

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