La nuova ortodossia è credere che ogni limite imposto equivalga a salvezza. Guerra è pace, emissioni zero è libertÃ
di Carmen Tortora – A Bruxelles si respira aria di redenzione. I ministri dell’Ambiente dell’Unione Europea si sono radunati come officianti di un culto per decidere la riduzione dei “permessi di inquinamento da COâ‚‚â€. Niente meno. Tra sorrisi solenni, giacche impeccabili e dichiarazioni gonfie di virtù, hanno celebrato la loro vittoria contro ciò che da miliardi di anni sostiene la vita sulla Terra. Si direbbe una messa ecologista, con il dogma della penitenza collettiva e il sacrificio imposto come atto di fede. Da almeno due decenni, l’Europa vive in questa liturgia della colpa: tutto ciò che è naturale viene criminalizzato, e chi osa dissentire è bollato come blasfemo climatico.
L’obiettivo è stato proclamato con toni messianici: ridurre del 90% le emissioni nette entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990. Un traguardo “vincolanteâ€, recita il documento ST-14715/25, che suona come un editto imperiale. La nuova legge sul clima europea diventa così una cinghia di trasmissione per ogni settore produttivo, agricolo e sociale. Un controllo totale, travestito da moralità ambientale. L’urgenza è l’arma retorica: “Agire oraâ€, “non superare il grado e mezzoâ€, “salvare il pianetaâ€. In realtà si tratta di salvare un sistema economico morente, sostituendo il libero mercato con un mercato delle colpe, dove anche respirare diventa una transazione misurabile.
Dietro l’epica ufficiale, la meccanica è quella di sempre: meno permessi di emissione significa prezzi più alti per chi “osa†produrre. L’aria viene trasformata in un titolo negoziabile, la fotosintesi in un asset, il carbonio in una moneta. Il cittadino comune non lo sa, ma pagherà tutto. Dal 2036, anche riscaldamento e trasporti rientreranno nel nuovo ETS2: ogni litro di benzina, ogni chilowatt d’energia, ogni viaggio sarà un atto da espiare col portafoglio. Non si chiama più tassazione, si chiama “responsabilità climaticaâ€. È la burocrazia della virtù, il modo perfetto per convertire la paura in profitto.
Intanto i ministri si pavoneggiano alla vigilia della COP30 di Belém, annunciando che l’Europa sarà “guida morale†del mondo. Nelle stanze di Bruxelles, i comunicati si scrivono con il linguaggio dell’auto-celebrazione: “via chiaraâ€, “leadership globaleâ€, “traguardo storicoâ€. Ma i documenti trapelati dicono altro. La decisione intermedia del 2035 è stata rinviata per mancanza di accordo, mentre Germania e Italia chiedono deroghe per non distruggere le loro industrie. Alcuni Stati dell’Est temono il collasso energetico. In compenso, l’élite verde si consola parlando di “rimozioni permanentiâ€, un eufemismo per nascondere che non si riduce nulla: si compensano le emissioni con alberi piantati sulla carta o con macchine che aspirano aria. È la contabilità dell’ipocrisia.
E pensare che la COâ‚‚, tanto demonizzata, è semplicemente il gas della vita. Ogni pianta la assorbe insieme all’acqua e alla luce del Sole, producendo zuccheri e ossigeno: 6 COâ‚‚ + 6 Hâ‚‚O + luce solare → C₆Hâ‚â‚‚O₆ + 6 Oâ‚‚. Da questa formula elementare nasce tutto: il grano, le olive, i boschi, l’aria che respiriamo. Eppure l’Europa la tratta come un veleno. Gli agricoltori sanno bene che nelle serre si raddoppia la concentrazione di COâ‚‚ per far crescere meglio le colture. Gli studi lo confermano: più COâ‚‚, più vita. Ma questi dati non passano nei notiziari. Nell’epoca dell’ecologia ideologica, la scienza naturale è una minaccia: se dimostra che il “nemico climatico†è in realtà benefico, va semplicemente cancellata.
Le parole sono diventate l’arma principale. “Inquinamento da COâ‚‚â€, “transizione giustaâ€, “neutralità climaticaâ€: un lessico sterilizzato, studiato per impedire il pensiero. È lo stesso meccanismo usato durante la pandemia, quando si parlava di “appiattire la curva†e “pandemia dei non vaccinatiâ€. Oggi l’emergenza ha solo cambiato tema. La nuova eresia è dubitare che il carbonio sia il male assoluto. La nuova ortodossia è credere che ogni limite imposto equivalga a salvezza. Guerra è pace, emissioni zero è libertà .
Nel frattempo, l’apparato finanziario ingrassa. Le quote ETS sono diventate strumenti speculativi, le aziende pagano per continuare a respirare, gli Stati rivendono crediti d’assorbimento come obbligazioni. Nasce un mercato delle “rimozioni†– Bio-CCS, cattura diretta dell’aria, crediti forestali – che non salva il clima ma arricchisce chi lo gestisce. Il Consiglio UE, nel suo zelo, ha deciso di integrare questi meccanismi nel sistema delle emissioni. Tradotto: la natura diventa un bilancio, la fotosintesi un algoritmo, il carbonio una linea di credito.
La stampa, fedele come un coro liturgico, ha intonato l’inno del progresso. “L’Europa guida la lotta climatica globaleâ€, titolano i giornali, come se la distruzione programmata della produzione industriale fosse un atto di nobiltà . Reuters parla di “momento storicoâ€, la Commissione di “passo decisivo verso la neutralità â€. I cittadini, intanto, pagano bollette sempre più care, convinti di salvare il pianeta accendendo meno la stufa. La povertà energetica diventa virtù, il disagio una prova di fede. È la stessa logica che durante la pandemia trasformava la reclusione in solidarietà . Adesso il freddo si chiama “transizioneâ€.
Anche il linguaggio economico è stato riscritto: “decarbonizzare†significa impoverire, “neutralità †significa stagnazione, “riduzione†significa controllo. È l’economia della sottrazione, dove il valore nasce dal togliere. In questa nuova teologia, ogni desiderio umano deve essere bilanciato da una colpa ecologica. Se produci, inquini; se respiri, emetti; se vivi, devi pagare. È il sogno del burocrate perfetto: una società che accetta di essere misurata in tonnellate di carbonio e governata in nome del clima.
I documenti ufficiali ammettono che l’obiettivo del 90% dipende da “assorbimenti naturali e tecnologici ancora da verificareâ€. Tradotto: promesse. Si predica l’austerità mentre le élite volano a Belém in jet privati per discutere di sostenibilità . Gli Stati più deboli chiedono tutele, ma Bruxelles risponde con la solita formula magica: “transizione equaâ€. Nessuno ride più, perché la battuta è vecchia.
Sotto la patina del trionfo, si intravede l’incubo di una società amministrata fino al respiro. I lockdown sanitari hanno lasciato il posto ai lockdown climatici. Domani, forse, ogni cittadino avrà un conto personale di emissioni, un portafoglio di carbonio, una carta verde per accedere ai servizi. È la nuova frontiera del controllo: la moralità algoritmica.
E intanto The Economist, con la consueta eleganza cinica, titola che “la guerra in Ucraina offre grandi opportunità â€. Per chi, non è difficile capirlo: per chi ricostruisce, per chi tassa, per chi specula. Quasi 400 miliardi di euro pronti per essere bruciati nel grande falò del progresso. Guerra è pace, inflazione è crescita, restrizione è libertà . Il cittadino europeo, fedele al suo ruolo di contribuente penitente, applaude e ringrazia.
Il nuovo culto verde non adora la natura, ma il potere. Il clima è solo il pretesto perfetto: invisibile, indiscutibile, eterno. Nessuno può dimostrare di averlo salvato, ma tutti possono essere accusati di averlo offeso. Nel frattempo, la CO₂ continua a fare il suo lavoro silenzioso: nutrire le piante, sostenere gli oceani, mantenere la vita. Grazie alla luce del Sole, non ai ministri dell’Ambiente.
Eppure, nell’Europa orwelliana del 2025, questa verità elementare suona come eresia. Così si chiude il cerchio: la vita è diventata un crimine, e la sua negazione un atto di civiltà . Guerra è pace. Ignoranza è forza. CO₂ è male. E i cittadini, ormai ben addestrati, applaudono la riduzione dei propri permessi di esistere.
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