La Corte Costituzionale ha respinto il ricorso di una paziente toscana affetta da sclerosi multipla, impossibilitata a somministrarsi il farmaco per il suicidio assistito a causa della totale paralisi
Il Tribunale di Firenze aveva chiesto di dichiarare incostituzionale l’articolo 579 del Codice penale, che punisce l’omicidio del consenziente, per consentire a un terzo di somministrare il farmaco al posto della paziente. Ma la Consulta ha giudicato il ricorso inammissibile, ritenendo che il giudice non avesse svolto verifiche sufficienti sulla disponibilità di dispositivi che permettano al malato l’autosomministrazione, come pompe infusionali attivabili con comandi vocali o oculari. La decisione riaccende il dibattito sul diritto alla morte volontaria e sul ruolo del Servizio sanitario nazionale nel garantire i mezzi per esercitarlo.
Il caso di Libera, paralizzata dalla sclerosi
La vicenda riguarda una donna toscana, identificata con il nome di fantasia “Libera”, completamente paralizzata a causa della sclerosi multipla. Aveva ottenuto l’autorizzazione a ricorrere al suicidio medicalmente assistito secondo i criteri stabiliti dalla sentenza 242/2019, ma si trovava nell’impossibilità fisica di somministrarsi il farmaco letale in modo autonomo. Da qui la richiesta al Tribunale di Firenze per consentire l’intervento materiale di un’altra persona.
Cosa ha stabilito la Consulta
Con la sentenza n. 97 del 2025, la Corte Costituzionale ha stabilito che la questione è inammissibile. Secondo i giudici, il ricorso non ha dimostrato con chiarezza l’assenza di dispositivi idonei all’autosomministrazione: “Il Tribunale che ha presentato il ricorso non ha motivato in maniera né adeguata, né conclusiva in merito alla reperibilità di un dispositivo azionabile da pazienti privi dell’uso degli arti”. È mancata, inoltre, la consultazione di enti centrali come l’Istituto Superiore di Sanità.
Perché il ricorso è stato respinto
La Consulta ha chiarito che il giudice fiorentino si è limitato a riportare risposte dell’azienda sanitaria locale, senza rivolgersi a organismi nazionali autorevoli per verificare se esistano strumenti come pompe infusionali azionabili tramite voce, occhi o bocca. Solo in presenza di un accertato impedimento assoluto, verificato con strumenti adeguati, si potrebbe riaprire la valutazione del caso.
Cosa prevede la legge sul suicidio assistito
La sentenza 242/2019 ha introdotto una possibilità molto circoscritta di accesso al suicidio medicalmente assistito: malattia irreversibile, sofferenze insopportabili, dipendenza da trattamenti vitali e piena lucidità mentale. Tuttavia, l’autosomministrazione resta un elemento imprescindibile.
La recente la giurisprudenza ha confermato che non è ammissibile l’intervento di terzi, nemmeno in caso di gravi disabilità motorie. Un passaggio chiave della decisione della Consulta riguarda il ruolo del Servizio sanitario nazionale. La Corte ha stabilito che è compito del Ssn garantire l’accesso a strumenti idonei e prestare supporto per il loro utilizzo, qualora disponibili. La paziente ha dunque diritto a essere accompagnata dal sistema pubblico, ma non ad affidarsi a un’altra persona per la somministrazione del farmaco.
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