Accusato di molestie sessuali da alcune pazienti, chiesto processo per Silvio Viale (Radicali)

Silvio Viale

La procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio per Silvio Viale, 68enne ginecologo dell’ospedale Sant’Anna noto per le sue posizioni a favore dell’aborto e consigliere comunale dei Radicali +Europa

L’ipotesi formulata dal procuratore aggiunto Cesare Parodi e dalle sue sostitute Delia Boschetto e Lea Lamonaca è di violenza sessuale per avere apostrofato volgarmente e sottoposto a pratiche umilianti dieci giovani pazienti (inizialmente erano quattro, nel corso delle indagini se ne sono aggiunte ulteriori sei, ma sei sono state archiviate), di età compresa tra 20 e 25 anni, nel corso di alcune visite.

Le presunte vittime, rappresentate dalle avvocate Benedetta Perego e Ilaria Sala, avevano presentato un esposto nel corso del 2023. Viale non ha mai risposto pubblicamente alle accuse ma, interrogato, si è difeso sostenendo di non avere idea di chi siano le pazienti e che probabilmente si tratta di un comportamento che hanno percepito loro.

Nel pomeriggio di oggi, martedì 15 luglio 2025, Viale ha diffuso una nota congiunta elaborata con il suo avvocato, Cosimo Palumbo. “Il riserbo su quanto accaduto – si legge – durante la fase delle indagini, oltre alla dovuta segretezza e al rispetto per il lavoro degli inquirenti, è stato dettato anche per tutelare chi è stato coinvolto nel procedimento come persona offesa o anche come semplice persona informata dei fatti. Inoltre, la divulgazione di notizie sulle indagini avrebbe avuto come conseguenza la celebrazione di un processo mediatico anticipato, prassi ormai purtroppo assai diffusa. In tutti questi mesi è stata fornita la massima collaborazione ai pubblici ministeri. In particolare, dopo aver ricevuto, circa un anno fa, l’avviso di conclusione delle indagini contenente nove contestazioni, ovvero quattro in più di quelle indicate nel decreto di perquisizione, il dottor Viale si è sottoposto a un approfondito interrogatorio, contestando con forza le accuse, nonostante la difficoltà di ricostruire le visite di ogni singola paziente a distanza di tempo”.

“Abbiamo appreso – continua la nota – dagli atti depositati in occasione della notifica dall’avviso di conclusione delle indagini che sono state numerose le persone sentite in procura, che confermano la correttezza del rapporto professionale tra medico e paziente del dottor Viale. L’esame della copia forense dei dispostivi in uso al medico ha consentito di accertare che non vi sono foto di nudi o di parti intime del corpo femminile, come in precedenza ipotizzato e riportato nelle notizie dei media.

In questi giorni abbiamo ricevuto la richiesta di rinvio a giudizio e la fissazione della udienza preliminare per il prossimo 15 settembre. Da tale atto e dalla consultazione degli atti depositati apprendiamo che delle nove imputazioni contenute nell’ avviso di conclusione indagini (cui se ne è aggiunta in seguito una decima), la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per sole quattro. Tra l’altro, va precisato che, di queste, solo due riguardano le cinque donne che comparivano nel decreto di perquisizione. Per le rimanenti sei ipotesi di reato, di cui cinque comparivano nell’avviso di conclusione indagini ed una sesta che si è aggiunta, pur non avendo ricevuto alcun atto formale, presumiamo che sia stata richiesta l’archiviazione”.

In conclusione, “ci accingiamo quindi ad affrontare l’udienza preliminare, certi di poter dimostrare la insussistenza dei reati contestati nella richiesta di rinvio a giudizio e la correttezza dell’operato del dottor Silvio Viale. Come premesso, siamo usciti dal riserbo, che abbiamo mantenuto sino a ora, solo per chiarire alcuni punti sulle notizie apparse oggi sugli organi di informazione. Non verranno fornite, da parte nostra, ulteriori notizie sulle contestazioni riportate nella richiesta di rinvio a giudizio, né sul contenuto degli atti depositati e messi a disposizione delle parti processuali. Non verrà da noi rilasciata nessuna dichiarazione, né intervista, perché il processo, come più volte ribadito dall’avvocato Cosimo Palumbo, si fa in aula e non sui giornali”.
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