Imam espulso irride le istituzioni: ‘tornerò presto in Italia’

imam bengalese Ahamed Kabir

L’ultimo atto era stato una condanna a quattro anni e sette mesi per stalking dopo aver preso di mira un artigiano che lavora accanto ai locali della moschea. Ma Ahamed Kabir, 50 anni, bengalese e presidente del centro di preghiera ‘Shah Jalal Jame Mosjid’ di Dergano aveva già collezionato precedenti per molestie, violenza sessuale e resistenza a pubblico ufficiale. C’è poi una lunga sequela di insulti, aggressioni piccole e grandi, minacce, mai confluita però in fascicoli giudiziari, ma che aveva trasformato l’autoproclamato imam di via Zambelli in una sorta di terrore per i residenti.

Nessuno poteva avvicinarsi, sbirciare, chiedere silenzio o il rispetto degli orari. Altrimenti scattavano le liti e le minacce. Le stesse riservate a una troupe della trasmissione Mediaset ‘Dritto e rovescio’ lo scorso ottobre, quando Kabir aveva anche mimato alla giornalista Simona Gallo “il taglio della gola”.

Persona non gradita

Anche questo è uno dei motivi per i quali il Viminale, su richiesta dell’Antiterrorismo della Digos e del questore Giuseppe Petronzi, ha deciso lunedì di imbarcare d’urgenza il presidente dell’associazione islamica su un volo per il Bangladesh di sola andata. Persona non gradita per ragioni di sicurezza in forza dei suoi precedenti penali, dell’indole violenta e delle ripetute vessazioni nei confronti delle donne. Un imam radicale, non per il sostegno al terrorismo, ma per la sua declinazione della legge coranica. Anche se, dopo l’avvio del conflitto Israele-Palestina, Kabir si era distinto (tra i tanti) per posizioni molto violente nei confronti del premier israeliano e del suo governo.

Una storia, quella del 50enne bengalese a Milano, che inizia nel 2003 con la fondazione del centro culturale islamico in una ex officina della piccola via privata Zambelli. Moschea abusiva che porta a un lungo contenzioso con il Comune fino alla condanna dell’associazione davanti al Tribunale amministrativo regionale. Di fatto però dal 2019 a oggi non accade nulla. Il centro di preghiera ormai certificato come abusivo è ancora lì e nessuno è mai intervenuto.

Lunedì, quando Kabir è stato imbarcato su un aereo dagli agenti della Digos, lui non ha perso la sua ostinata tenacia nel sostenere che si trattava di un provvedimento illegittimo, oltra alla certezza che presto tornerà in Italia. Il Viminale aveva però avviato da tempo un monitoraggio sulle sue esuberanze e anche sull’attività del centro rivolto soprattutto a bengalesi. E a pesare è stato soprattutto il racconto dei tanti residenti terrorizzati, quelli a cui lui urlava ‘razzisti’, ‘terroni’, ‘zingari’ ogni volta che protestavano contro il centro. Ma anche minacce ben più esplicite con coltelli e bastoni riprese dai cellulari dei residenti e dalle telecamere della zona. Una situazione diventata insostenibile.

Sui social, appena tornato in Bangladesh, Ahmed Kabir ha subito postato immagini di preghiere all’interno della moschea milanese. Ma anche un messaggio rivolto ai suoi sostenitori: “A causa delle nuove leggi del governo Salvini, mi sono preso un po’ di pausa“.  https://notizie.tiscali.it

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