Rilevazioni satellitari: tra 6 e 11 ottobre 2019 a Wuhan blackout dei cellulari

laboratorio cinese

(www.huffingtonpost.it/blog) – Mentre la Procura di Bergamo ha concluso le sue indagini sulla catena di errori “politici” che in Italia hanno causato migliaia di morti evitabili, un rapporto del Dipartimento dell’Energia americano ha concluso che la pandemia di Covid-19 “molto probabilmente” è nata da una fuga in laboratorio. Lo ha riferito il 26 febbraio il Wall Street Journal dopo aver preso visione di una ricerca. E ieri il direttore dell’FBI, Christopher Wray ha affermato in un’intervista e poi ha diramato un comunicato ufficiale dell’Agenzia in cui il Bureau ritiene che il Covid-19 “molto probabilmente” abbia avuto origine in un “laboratorio controllato dal governo cinese“: “L’Fbi ha valutato da tempo che le origini della pandemia sono molto probabilmente un potenziale incidente di laboratorio”, ha spiegato. Pechino nega e ritiene le accuse calunniose.

La parola-chiave in questa dichiarazione è “da tempo”. In effetti già nel 2020 i sospetti si sono concentrati su ciò che è stato rilevato dai satelliti dell’intelligence americana ad ottobre 2019 presso il laboratorio di Wuhan. Le informazioni sono frutto di “osservazioni” satellitari dell’alleanza dei “Five Eyes “che comprende un Paese che ha avuto un ruolo chiave nel mettere insieme queste prove, cioè l’Australia. E hanno acceso un faro su un “evento pericoloso” (hazardous event) che si è verificato nel laboratorio di Wuhan tra il 6 e l’11 ottobre 2019, causando un blackout dei cellulari all’interno del laboratorio e nelle immediate vicinanze.

Il punto è che il Laboratorio di Wuhan non è uno ma sono due

C’è il Wuhan National Biosafety Laboratory, che secondo quanto scritto per Cantagalli nel libro “Covid 19 La Chimera che ha cambiato il mondo” dal professor Joseph Tritto (accademico a Londra e a Birghinam, con eccellenti rapporti con ambienti australiani) è un po’ un hotspot di rilevanza internazionale per la ricerca sulle “chimere ricombinanti” e per lo sviluppo del cosiddetto “Gain of Function” , cioè delle mutazioni genetiche in grado di determinare l’acquisizione di una nuova funzione o il potenziamento di una preesistente. Chimere non esistenti in natura, altamente diffusive ed estremamente pericolose. Ma la Cina ha dichiarato anche di possedere lì una seconda struttura, il Wuhan Institute of Biological Products, un istituto che fa parte delle 4 strutture di ricerca sulla guerra biologica, sotto il controllo del Ministero della Difesa che, teoricamente, dovrebbe sottostare alla regolamentazione della Convenzione sulle armi biologiche cui la Cina ha aderito, nel 1984, ma senza mai sottoscriverla.

Lì si studiano armi biologiche, magari proprio chimere da usare in guerre più o meno dichiarate. Dal luglio 2020, cioè pochi mesi dopo lo scoppio della pandemia, secondo i servizi segreti indiani, la Cina ha spostato alcuni suoi laboratori all’interno di quelli pachistani, in base ad un accordo triennale con l’Organizzazione scientifica e tecnologica della Difesa del Pakistan (Desto) ufficialmente per collaborare alla ricerca sulle ‘malattie infettive emergenti’ e agli studi avanzati sul controllo biologico della trasmissione di queste malattie. Il programma, interamente finanziato dalla Cina, è stato formalmente nominato Collaboration for Emerging Infectious Diseases and Studies on Biological Control of Vector Transmitting Diseases”. Ma al di là della definizione samaritana si tratta di un programma militare, appunto.

L’Fbi infine ha accusato la Cina di non aver fornito tutte le informazioni possibili sul virus, mentre i ricercatori occidentali ritengono che Pechino sia sicuramente in possesso del cosiddetto virus madre, la matrice e i suoi cloni.

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