Minniti e Palamara, intercettazioni nel mirino dell’Antimafia

Minniti e Palamara

Morra vuole Palamara in commissione per sentirlo su alcune intercettazioni riguardanti gli inquietanti dialoghi con l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, esponente del Pd, che al telefono appariva come il grande protettore di Federico Cafiero de Raho

di Francesco Storace – In commissione antimafia, (sì, anche in commissione antimafia) c’è un mistero che ruota attorno a Luca Palamara. Il presidente Nicola Morra, sempre lui, non desiste dall’idea di convocare in audizione l’ex presidente dell’associazione magistrati. Il Pd fa le barricate, i Cinque stelle scaricano il loro presidente, il centrodestra fa incetta di popcorn di fronte ad una commedia incredibile.

Morra vuole Palamara in commissione per sentirlo su alcune intercettazioni riguardanti gli inquietanti dialoghi con l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, esponente del Pd, che al telefono appariva come il grande protettore di Federico Cafiero de Raho, asceso poi a capo della procura antimafia.

Conversazioni imbarazzanti ma altro deve essere – sostiene più di un membro della commissione – il boccone ghiotto cui punta Morra. E sottovoce si fa il nome di Nino Di Matteo, il magistrato dello scontro frontale con Alfonso Bonafede, l’ormai ex guardasigilli.

L’altro ieri c’è stata una seduta surreale della commissione antimafia, durata un’ora e un quarto con ben tre sospensioni per la mancanza del numero legale. La richiesta continua di verifica della presenza dei parlamentari – latitanti – l’ha fatta per ben tre volte Piero Grasso, che come un oppositore qualsiasi è arrivato al limite dell’ostruzionismo.

Perché bisognava prendere tempo per non decidere sulla pretesa del presidente della commissione di convocare proprio Palamara, con il Pd rigidissimo sul no ad ascoltarlo. E i Cinque stelle? Praticamente non c’era nessuno di loro, se non una timida rappresentanza. A conferma di un clima di ostilità verso Nicola Morra, che prima riguardava il centrodestra e ora lo schieramento opposto. I suoi devono fargli pagare, ad esempio, il no al governo di Mario Draghi e tanti casini provocati al povero Alfonso Bonafede quando stava alla giustizia.

Nel merito, ci sono quelle intercettazioni a far discutere. Dialoghi davvero discutibili scoperti solo dopo l’emersione del caso Palamara. Parliamo del periodo tra luglio 2017 e novembre 2018. Luca Palamara era membro del Csm, e Marco Minniti ministro dell’Interno. I colloqui tra i due furono numerosi. E anche in occasione delle nomine importanti della magistratura. Minniti, importante esponente calabrese del Pd. Cafiero De Raho, procuratore a Reggio, aspirava alla procura di Napoli.

Di De Raho Palamara parla con Minniti

È il 26 luglio 2017: “Situazione su Cafiero ancora in evoluzione ma faticosissima spero trovare ultima mediazione a dopo”. “Perfetto. Grazie” risponde Minniti. “Fallito anche ultimo tentativo” scrive Palamara il 27 luglio. E ancora: “Oramai si vota a breve”. “Ok grazie” la risposta. Cafiero de Raho non riesce a diventare procuratore di Napoli. Palamara scrive a Minniti i voti: “9 voti cafiero, 14 Melillo, 2 astensioni, Votato ora”. “Perfetto” risponde Minniti, “Cerchiamo adesso di salvare il soldato de Raho. Il risultato in qualche modo lo consente”. E Palamara conferma: “Si il mio intervento in plenum è stato in questo senso”. (Singolare che il ministro dell’interno definisca “soldato” il capo della procura della sua zona). “Perfetto. Lavoriamoci” conclude Minniti.

Il 5 ottobre la commissione incarichi direttivi del Csm propone Cafiero de Raho procuratore nazionale antimafia. Palamara torna a fornire i voti a Minniti: “Votato De Raho 5 voti Scarpinato 1”. In sostanza, il pg di Palermo Roberto Scarpinato ottiene un solo voto, quello di Piergiorgio Morisini, di Area, mentre Cafiero De Raho ottiene l’incarico. “Eccellente. Grazie” risponde Minniti. Il plenum nomina Cafiero De Raho procuratore nazionale antimafia l’8 novembre. Ottiene l’unanimità. Il “soldato” salvato. Perché Minniti ne parlava in questi termini? Che rapporto c’era tra loro due?

Morra vuole saperlo, il Pd no. Ma, si fa notare, pare un obiettivo minimo per chi presiede l’antimafia. La presenza di Palamara in commissione potrebbe essere utile anche per capire a chi dava fastidio, tra le correnti della magistratura, Nino Di Matteo. La corrida è aperta.

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