Acceleratore giù – rubrica “Liberi Tutti” di Sferico

Pittura Filosofica di Sferico “l’Isola” 70x50cm. olio, ambra, oro zecchino su tela

Acceleratore giù

Avevi dovuto mettere mano a materiale scampato a un naufragio avvenuto al largo a settentrione del litorale bretone con una scialuppa di salvataggio, durante una tempesta di un calendario remoto. Un amico era riuscito a sottrarre alla distruzione dei files, rimasti in sala di registrazione in tua assenza, dopo estenuanti versioni di cantato, mentre liriche e spartiti non c’erano più. Miracolosamente intatti, erano stati scaricati illegalmente in un dispositivo pirata e giacevano sotto la cassaforte cifrata di una password svanita. Dopo probabili combinazioni numeriche, estratte da passaggi algebrici manoscritti dalla penna di Ettore Majorana, all’ultimo tentativo, mettemmo semplicemente i nostri due nomi, non aspettandoci più nulla, invece potemmo accedere alle penultime sessioni. Lasciate grezze, senza tutti quegli arrangiamenti superflui che tanto piacciono a orecchie assuefatte da ripetizioni di loops cognitivi e dall’abuso di mega bassi. La tastiera, che un tempo avevo usato per comporre musica, l’avevo lasciata ad un clochard di talento, anche se non era un tetto, la musica era pur sempre un vestito pulito, nuovo ogni giorno. Mi scrisse un foglietto commovente, una promessa di non lasciare cadere le mie note nel vuoto. Gli risposi ringraziandolo, ma di dimenticare le mie canzoni. Intanto ero rientrato in Vietnam, dove avrei ascoltato il solo silenzio, approfittando delle acerbe notti straniere, accompagnate dal gracidio delle rane, per approfondire la stesura del nuovo libro dal titolo “Geroglifici del Tempo Ultimo” che avrei firmato in anonimo. Nelle imprese sempre avevi dato ascolto al vento, dopotutto sapevi esserci un filo-logico. Le urgenze mi avevano sempre sollecitato a tenere l’acceleratore giù, malgrado il paesaggio restasse a un fermoimmagine di cementificazione culturale, con un ancoraggio di frenata nel tradizionale folk. La ghigliottina decapitava teste-pensanti a pieno ritmo, con giustificativi di tendenze ribelli a omologazioni imposte dal momento storico. Canzoni, composte anni prima e ignorate per ignoranza discografica, restavano terreno vergine aperto a ulteriori aggiornamenti …dopotuto che ti importava? I “NO” erano serviti a tornare ai tuoi primi amori, nessuno avrebbe potuto censurarti colori e forme pure. Le liriche erano avanzate troppo nel tempo, in profezie incomprese, scambiate per un linguaggio troppo impegnato e politicamente scorretto. Ora si era azzerato il jet lag in un’attualità che spingeva al risveglio i più. La musica era un motore che emetteva avvisi di garanzia ad intermittenza su orecchie sconcentrate da gossip anticoncezionali. Anticipazioni di temi base avrebbero potuto permettere sopravvivenza e prosperità in un mondo nuovo.

Semantica & Traffico

“il Sognatore” Opera originale, minerali compositi, fatta a mano, finitura brillantinata in bianco opaco 100x86x68cm

Sedimenti di semantica andavano a decantarsi in substrati, consolidati dalla pressione dell’acqua, su un fondale argilloso stagno che avrebbe salvaguardato le riserve idriche delle cisterne, colmate dalle precipitazioni. Avresti dovuto giungere vivo, mantenendo un’idratazione costante, mentre attraversavi la lingua di deserto che ti separava dal verde. Sbrigavi mansioni di mantenimento, in un pendolarismo che teneva l’anima parcheggiata fuori dal traffico. L’avanzamento tecnologico dell’era digitale aveva scagionato vite indolori, passavi attraverso il tempo dell’esistenza, senza decidere. Saresti sceso dal palco, per confonderti a un pubblico senza volto e non ti andava nemmeno di applaudire, quando sentivi ripetere le tue battute, esposte da altri, erano versi inesplosi. La redenzione era un’azione messianica che aveva colto la storia, impreparata. Scavando un sondaggio di verifica, osservare da quella fenditura ti dava le vertigini, in un copione scritto sulla verità. Avevi dovuto far fronte alla scrittura, perché alcune delle bozze, alle quali stavi lavorando, erano state decifrate in un’istantanea, con una connessione di transfer indispensabili alla sopravvivenza. Ti erano arrivate parecchie e-mail di lettori, il materiale che stavi producendo diveniva operativo, ancora prima che potessi interpretarlo tu. Nella stretta necessità di un risveglio, stava la causale, avevi attinto a conoscenze acquisite, ma, più ti inoltravi, più ti accorgevi della tua incolmabile ignoranza. Un linguaggio in codice che si amplificava nella cassa di risonanza della volta celeste, in un’onda d’urto che ancora non riscontrava rispondenze.

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Sferico nel traffico di Parigi, photo by Yushan
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