Il criminologo Meluzzi e il caso di Lecce: ‘malvagità e invidia in un soggetto capace di intendere’

di Sofia Dinolfo – – “Li ho uccisi perché erano troppo felici e mi è montata la rabbia”. Ė questa la frase choc resa agli inquirenti da Antonio De Marco, l’assassino dell’arbitro Daniele De Santis e della fidanzata Eleonora Manta. De Marco, 21enne, originario di Casarano, studente modello in Scienze Infermieristiche, ha avuto la capacità di infliggere alla coppia 60 coltellate in 10 minuti nella loro abitazione di Lecce lo scorso 21 settembre. Un piano premeditato, studiato nei dettagli e appuntato in cinque foglietti. Un omicidio atroce che ha sconvolto il Salento ma anche l’Italia intera. Non si danno pace le famiglie delle vittime e le persone che conoscevano Antonio come un bravo ragazzo. Perché tanto odio e violenza sfociati all’improvviso? Ne abbiamo parlato con lo psichiatra e criminologo Alessandro Meluzzi.

L’assassino ha detto di aver ucciso la coppia perché era troppo felice. Perché la felicità altrui può generare un sentimento omicida?
“C’è un sentimento diffuso nell’animo umano che è un pessimo sentimento: si chiama invidia. Invidia vuol dire guardare dentro contro, quindi guardare nell’altro quello che non si ha. E invece di imitare, come avviene in un sentimento positivo che è l’emulazione, nell’invidia l’obiettivo è quello di sconfessare se stessi distruggendo. Quando questo supera una certa soglia può dar luogo anche a manifestazioni di violenza come in questo caso”.

Secondo lei Antonio De Marco in questi giorni ha preso coscienza di quello che effettivamente ha commesso?
“Io ritengo di sì, ritengo che lui sia capace di intendere e di volere, che sia punibile che abbia agito in maniera volontaria, premeditata e con finalità abiette e futili. Quindi quello che si merita è l’ergastolo, non certo una perizia che ne esima la responsabilità”.

Come può una persona che non ha mai fatto del male a nessuno uccidere con così tanta ferocia?
“Questo succede continuamente perché purtroppo molti reati efferati sono commessi da persone incensurate, quindi c’è sempre una prima volta. Anche coloro che sono poi diventati i più grandi serial killer hanno avuto il loro primo omicidio”.

Chi lo conosce dice che Antonio non ha mai dato segni di squilibrio. Possibile che non ci fossero segnali dai quali ravvisare un allarme?
“Ma neanche in questo caso ha dato segni di squilibrio perché ha premeditato e preordinato tutto, ha misurato le telecamere, ha anche deciso a quale tipo di torture sottoporre quelle persone. Quindi De Marco non ha mai perso l’equilibrio. Ha perso semmai l’equilibrio morale, non quello psichico. La malvagità esiste e può esplodere improvvisamente”.

Come riconoscere queste personalità. Cosa ci deve far stare in allerta?
“Di solito le personalità più introverse, chiuse, meno espressive e con elementi di narcisismo nascosto e profondo, sono più propense a mettere in atto comportamenti di questo tipo. Ma ci sono anche persone assolutamente introverse che sono, saranno e resteranno sempre assolutamente miti. Quindi non ci sono criteri specifici per individuare queste personalità. Non è sempre facile capire quando ci si trova davanti a questa tipologia di persone”.

Cosa pensa riguardo a quanto successo?
“Bisogna fare attenzione a non ‘buttare’ in psichiatria quello che è solamente un problema etico e morale. L’equivoco è sempre legato al volere cercare nella follia quello che è invece soltanto lo specchio della cattiveria. Se dovessero trovare un perito che dovesse dichiarare l’infermità mentale di Antonio De Marco sarebbe un gravissimo errore”.

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