Finisce a Parigi la lunga corsa dell’auto italiana

di Francesco Perretta

Nella serata di ieri il board di PSA riunito a Parigi e quello di FCA a Londra hanno approvato il memorandum di intesa e questa mattina, prima dell’apertura delle borse, è arrivato l’annuncio ufficiale della fusione tra i 2 colossi dell’auto. L’operazione porta alla nascita di un grande gruppo mondiale — il quarto per volumi prodotti dopo Volkswagen, Renault-Nissan e Toyota, il terzo per fatturato.

L’operazione porterà grandi benefici e sinergie. “Le stime non prevedono alcuna chiusura di stabilimenti in conseguenza dell’operazione” si sottolinea nel comunicato. Di sicuro saranno ottimizzati costi di sviluppo e produzione (e delle conseguenze sull’indotto, specialmente in Italia, si dovrà tener conto), i ricavi saranno equamente distribuiti tra Europa e Nord America.

Il consiglio di amministrazione sarà formato da cinque rappresentanti di PSA e cinque di FCA (incluso John Elkann in qualità di Presidente), con Tavares , attuale amministratore delegato di Psa, nel ruolo di undicesimo consigliere e CEO.

La fusione e’ paritaria, 50 e 50 (“dei rispettivi business”, recita il comunicato), ma la mia idea è che le fusioni paritarie non esistono. Infatti l’undicesimo consigliere e’ Tavares. E questo sposta decisamente l’equilibrio verso la Francia e PSA, con una governance bloccata per 5 anni.

[su_heading size=”16″ align=”left”]Non e’ solo questione di equilibri. Se si analizzano i numeri, secondo gli analisti, Peugeot sta sostanzialmente comprando FCA. [/su_heading]

Vediamo come. Prima del perfezionamento, FCA distribuirà ai propri soci una maxi-cedola di 5,5 miliasti per il 2018, a cui si aggiungeranno 1,1 miliardi riferiti al 2019 per un totale di 6,6 miliardi, dei quali circa 1,9 andranno nelle casse della famiglia Agnelli tramite Exor. Alla chiusura di martedì, FCA valeva 18,5 miliardi di euro. Sottraendo i 5,5 miliardi di dividendi e i 250 milioni di Comau (scorporata), la capitalizzazione di mercato teorica di FCA è di circa 13,25 miliardi. PSA invece, al netto di Faurecia, avrebbe una capitalizzazione teorica di 20 miliardi. Considerando tuttavia che, nonostante i valori iniziali, si arrivi ad un azionariato 50/50, non è assurdo dedurre che la differenza rappresenti la quota pagata da Peugeot per acquisire il controllo del gruppo attraverso la maggioranza nel board. Questa è sostanzialmente anche l’opinione di Philippe Houchois, di Jefferies, citato anche da Bloomberg.

A livello di quote, Exor sarà l’azionista di maggioranza (14%) della nova holding, mentre la famiglia Peugeot potrebbe salire al 8,5%, acquisendo il 2,5 dallo stato Francese che andrebbe al 4,5. Nella compagine azionaria (ma non nel board) resterebbero i Cinesi di Dongfeng, con una quota che scenderà dal 6% al 4,5%. Il tutto congelato per 3 anni. Di fatto la composizione azionaria non sarà molto rilevante visto che Carlos Tavares resterà saldamente al timone per 5 anni.

Nel periodo di maggiore debolezza della politica italiana, guidata da un presidente del consiglio asservito all’asse franco-tedesco, si consuma l’epilogo della storia dell’auto italiana. Mentre il governo francese, azionista in PSA, ha fatto sentire la sua voce determinante, e anche gli Stati Uniti hanno detto la loro ottenendo che i cinesi siano fortemente ridimensionati, a noi sembra che il governo italiano sia stato molto, molto a guardare.

Non resta che chiudere con una frase che fu di Marchionne: “L’Italia è un paese che deve imparare a volersi bene, deve riconquistare un senso di nazione.

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