Feltri: Salvini non metta il Paese nelle grinfie degli ex comunisti del piffero

di Vittorio Feltri – – In Emilia e in Romagna si dice saggiamente che l’ ora del coglione piglia tutti. Gli uomini sbagliano e quelli che ammettono i propri errori ne dimezzano la gravità. Mi pare quindi che a Salvini convenga riconoscere di aver calpestato una buccia di banana allorché ha deciso di aprire la crisi di governo al buio, mandando al diavolo il premier Conte, chiedendone la sfiducia, e i grillini con i quali bene o male ha collaborato per oltre un anno.

La topica consiste nel fatto ineluttabile che i pentastellati hanno immediatamente intavolato trattative con il Pd (Renzi e Zingaretti) allo scopo di costituire un esecutivo alternativo a quello attuale. Vero che i progressisti per mesi avevano dichiarato pubblicamente: «Piuttosto che allearci con i grillini ci spariamo». Ma erano chiacchiere a cui il Matteo lombardo aveva ingenuamente creduto.
Egli in sostanza ha abboccato e ha lanciato il cuore oltre l’ ostacolo supponendo che, essendo impossibile un patto tra M5S e progressisti dei miei stivali, l’ unica soluzione fossero le elezioni anticipate che Alberto da Giussano avrebbe affrontato con le mani in tasca, forte dei sondaggi che lo davano vicino al 40 per cento. Col cavolo.

Le indagini demoscopiche annunciano una realtà ma non la riflettono.
Ciò che conta sono i numeri in Parlamento: Di Maio ha il 33 per cento dei deputati e dei senatori, mentre Salvini ha solamente il 17. Quest’ ultimo pertanto ha perso in partenza. Nel senso che Gigino più gli ex nemici del Pd hanno la maggioranza e fregano alla grande la Lega. Non è un problema politico bensì aritmetico. E chi pensa che i partiti siano fedeli agli ideali (di cui sono privi) più che alle poltrone da cui si gestisce il potere sono è un povero pirlacchione.

Ecco, Salvini si è comportato, stranamente, da pirlacchione facendosi infinocchiare come un principiante. Dispiace dirlo, visto che lo stimo, però stavolta si è fatto turlupinare dai vecchi lupi della partitocrazia. Ora egli ha a disposizione soltanto una carta: rimangiarsi la sfiducia a Conte e continuare a governare con i ciula gialli. Poi si vedrà. L’ importante non è andare a votare ad ottobre, a questo punto, bensì non affidare il Paese alla grinfie degli ex comunisti del piffero e agli scugnizzi che cadono dalle Stelle filanti.

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