Troppo vecchio per il concorso, vigile del fuoco precario si uccide

 

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Il corpo di un uomo di 41 anni è stato trovato nelle prime ore della giornata, alla periferia di Qualiano (Napoli), non lontano dallo stazionamento degli autobus. Secondo quanto accertato dai carabinieri l’uomo si è suicidato. Il 41enne ha lasciato un biglietto (che è stato trovato dai militari all’interno di una vettura) con il quale ha spiegato le ragioni del suo gesto. L’uomo ha parlato della sua difficile situazione di lavoratore precario. Otto anni di servizio al Nord in attesa di una occupazione stabile che non è mai arrivata, così da acuire la sua depressione.

Un suicidio annunciato

Un suicidio annunciato. “Aveva programmato tutto – ha detto al Mattino Antonio, il fratello maggiore, 50 anni – aveva scelto i luoghi dell’infanzia, a Qualiano, e si era messo la divisa che era la sua speranza di stabilità e l’immagine di quanto di positivo desiderava fare per se e gli altri”. È andato a morire di sua mano, vestito con quella che era la sua armatura da cavaliere. Ed ha lasciato in vista il tesserino da vigile del fuoco precario, quelli che lavorano tre-quattro mesi, perché – Antonio ne è convinto – i primi a sapere fossero i colleghi di Brescia. “Quelli che gli volevano bene e che sapevano cosa avesse voluto dire per lui essere respinto al concorso per vigile del fuoco effettivo per un problema di raggiunti limiti di età”.

Le regole del concorso

Gli è stato fatale aver compiuto 40 anni nel momento in cui il ministero dell’Interno ha offerto la possibilità di passare effettivo per concorso. “Il limite era 37”. E’ finita, deve aver pensato il vigile. Che per una legge ingiusta (come si fa a mettere limiti di età in un concorso in un Paese saturo di disoccupati?) è rimasto fuori, scartato, da un mondo che ha amato e lo amava. Nella sua lettera di addio ha scritto: “Auguro a tutti i miei colleghi precari di poter presto diventare stabili al più presto. Io sono un prigioniero della precarietà. Addio”.

Quel senso di inadeguatezza

Probabilmente non è riuscito a sopravvivere a quel senso di inadeguatezza che solo chi vive precariamente può capire, chi va avanti giorno dopo giorno schiacciato dalle incombenze economiche che un lavoro “discontinuo” sempre più ridotto all’osso non è più in grado di fronteggiare. Fabio amava il suo lavoro, ma se ne è dovuto separare, proprio a causa della morsa che si è stretta sui richiami a causa dei continui tagli, della frustrazione nel tornare a fare un lavoro qualunque diverso da quello che sognava, sommato alla negazione di ogni speranza di un futuro che potesse conciliare il suo lavoro di pompiere con la sostenibilità economica.

REDAZIONE TISCALI

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