Libia: fame, esecuzioni, tagli delle mani. L’inferno dell’Isis a Sirte

 

amputazioni-shariaLa fuga dal grande carcere. Così la tv satellitare al Arabiya titola un servizio su abitanti di Sirte – rocccaforte dello Stato Islamico in Libia -, fuggiti dall’inferno imposto dai jihadisti che raccontano come gli uomini del Califfato nero hanno trasformato la città “in un grande carcere”.

L’emittente saudita pubblica le testimonianze di alcune famiglie di Sirte, che “in decine, sono arrivate negli ultimi due giorni ” nelle città di Zleiten, Al Khoms e Tarhuna nella parte occidentale del Paese oltre che nella stessa capitale Tripoli. Una fuga causata, secondo al Arabiya, dalle notizie su un imminente operazione militare anti-Isis dell’occidente.

“FUGGIRE È QUASI IMPOSSIBILE” – Una situazione drammatica quella raccontata dagli abitanti della città per la mancanza di “cibo, generi essenziali, combustibile, gas per la cucina e medicinali”. “Dopo la chiusura delle banche e il caro prezzo di tutte le merci, non era più possibile vivere in città”, racconta M. Salim il quale aggiunge: “scappare è diventato ormai quasi impossibile per tante famiglie che non riescono a reperire sufficiente benzina per affrontare il viaggio”.

CENTRO DESERTO – Della situazione di sicurezza, parla invece un altro abitante fuggito: “Il centro della città è quasi vuoto dopo che gli abitanti sono scappati fuori dalla città o semplicemente trasferiti alla periferia”, afferma A. Khueiter il quale si lamenta: “non ci sono più negozi commerciali né telecomunicazione. Semplicemente non ci sono le condizioni per vivere, viviamo sotto la minaccia di gruppi armati stranieri di nazionalità sconosciute”.“

ABITANTI CHIUSI IN CASA – Insomma abitanti rinchiusi in casa per la paura di essere fermati dai “posti di blocco che cambiano le loro posizioni continuamente con uomini armati con il volto coperto che parlano dialetti africani oppure tunisino o di altri Paesi arabi”, assicura un terzo testimone fuggito dalla città.“

LE VIOLENZE DEI MILIZIANI – Sul numero dei jihadisti, un altro abitante non sa dare una riposta: “Non possiamo neanche fare una stima, noi siamo rinchiusi nelle nostre case ed avvicinarci alle loro caserme significa la morte”, ma lo stesso afferma che “alcune volte quelli di Daesh hanno costretto famiglie intere a presentarsi in piazza per assistere all’esecuzione o il taglio della mano” di condannati.“

www.today.it


 


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