Caricato sul barcone con l’inganno, credeva di andare in Mali

8 ott – La storia di Bacari è diversa da quella di tanti altri, e in fondo così uguale.
E’ diversa perché lui ce l’ha fatta, non è affogato nel mar Mediterraneo e non è morto nel deserto, anche se li ha passati entrambi.
La storia di Bacari è diversa perché lui dal Mali ha passato il deserto dell’Algeria fino alla Libia, ma lui in Libia voleva restarci. E per qualche mese ce l’aveva anche fatta, trovando lavoro come raccoglitore di uova in un pollaio.

Siamo nel 2011, poi è scoppiata la guerra contro Gheddafi e i soldati del regime lo hanno caricato su un barcone con l’inganno, insieme ad altre 250 persone. Ti riportiamo a Mali, gli avevano detto. E Bacari ci aveva creduto, prima di vedere il barcone. Una volta visto il barcone no, non ci aveva più creduto. Quel barcone non sarebbe mai potuto arrivare a Mali, perché a Mali il mare non c’è. E così si è imbarcato senza scelta, Bacari, stretto fra la povertà del suo Paese, la guerra in Libia e l’incognita della destinazione. Senza cibo e senza acqua, come le altre duecentocinquanta persone insieme a lui.

Bacari ha navigato tre giorni e poi è sbarcato a Lampedusa, sapendo che era sbarcato in Italia solo una volta toccata terra. Dove siamo? “A Lampedusa, Italia”, gli hanno risposto i soldati italiani. E così Bacari è rimasto in Italia anche se l’Italia non era il suo sogno.
Oggi Bacari vive a Firenze, in un centro di accoglienza, e frequenta un corso per diventare cameriere. Vorrebbe lavorare. Il suo sogno è mettere qualche soldo da parte e tornare in Mali, dalla sua famiglia, comprare una casa e vivere lì.

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