GOVERNO MONTI – Se diventa realtà il Pd andrà in crisi

Claudio Romiti

Dunque, come auspicato da molte parti, sta prevalendo l’opzione di un nuovo governo Monti. Un governo che definirei di tregua, onde consentire al Paese di sfuggire alla morsa speculativa in atto e, soprattutto, alle forze politiche di riorganizzarsi in vista della naturale scadenza elettorale del 2013.

Il problema, però, è che, per come si sono messe le cose sui mercati finanziari, l’effetto annuncio di un esecutivo guidato da un uomo autorevole e di prestigio come l’ex commissario europeo non potrà più bastare a tacitare l’ondata di sfiducia che si è abbattuta sull’Italia.

Occorrerà adottare in tempi rapidi tutta una serie di misure che, fino ad ora, sono state rese impraticabili dai veti incrociati presenti all’interno della maggioranza uscente e cosa da non sottovalutare, dalla crescente opposizione nel Paese operata dai sindacati rossi e dai partiti più radicali.

A questo punto sarà interessante verificare se, una volta dimissionato il bau bau Berlusconi, la componente progressista chiamata a sostenere il nuovo esecutivo non proseguirà con la doppiezza politica fin qui mostrata: apparente responsabilità in merito alle cose impopolari da realizzare e strumentale utilizzo delle piazze tumultuanti per cavalcare ogni richiesta di spesa da queste provenienti.

In questa delicatissima fase, così come occorreva ricordarlo fino a ieri alla Lega Nord, risulta politicamente impraticabile per qualunque partito la scelta di essere, a seconda della convenienza, un elemento di lotta e di governo. Oramai, giunti alle soglie del baratro finanziario, con tassi di rendimento sui titoli di Stato proibitivi, gli investitori esteri si aspettano un atteggiamento politicamente lontano mille miglia dalla tradizionale ambiguità politica che da sempre caratterizza i nostri partiti, Pd di Bersani su tutti.

A questo proposito, ricordo che proprio il suo responsabile economico Stefano Fassina ha più volte preso posizione contro le indicazioni della Bce. Indicazioni che il professor Monti, o chiunque altro dovesse assumere il timone di questo Paese, dovrà necessariamente prendere nella massima considerazione.

Ed a questo proposito aspettiamo al varco con curiosità un Partito democratico che finora ha inseguito chiunque battesse cassa Tutte spinte che l’Europa chiede di ridimensionare. Ebbene, su questo piano, riuscirà il soldato Bersani a mettere in soffitta la sua componente di lotta, per dare spazio solo a quella, peraltro minoritaria, vocazione di governo che sarà chiamata a tagliare la spesa ed a liberalizzare il mondo del lavoro? A questo riguardo un certo scetticismo è d’obbligo.

Il problema è che, tuttavia, un ulteriore passo falso di fronte ai mercati in fibrillazione significherebbe far uscire l’Italia dal circuito del credito internazionale, causando la rapida bancarotta dello Stato.

Avranno capito ciò i sinistri cervelloni che si apprestano ad appoggiare il futuro governo? Staremo a vedere.

Claudio Romiti

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