Toghe e banche: Legnini e la Popolare Bari

La Verità pubblica un articolo sui contatti e le telefonate fra il vicepresidente del CSM Giovanni Legnini ed l’ex condirettore e vicedirettore generale di Pop Bari Gianluca Jacobini. In teoria, di per sè, questi contatti – si legge su Scenari Economici – non sono collegati alle inchieste sul fallimento della banca pugliese, e potrebbero perfino essere, ìn teoria, giustificati dal fatto che la Pop di Nari gestisce lo sportello all’interno della struttura del CSM. in realtà i contenuti sono ben diversi e molto più interessanti.

Prima di tutto escono in luce le classiche immagini di affaristi e mediatori, come in questo caso Sergio Della Rocca, che ha precedentemente avuto incarichi in Tercas e CaRiPe e che ha messo in contatto le due parti. Poi ne risultano delle informazioni che, se fossero vere, sarebbero preoccupati, ma comunque sono delle millanterie che non mettono in buona luce chi le pronuncia: ad esempio Jacobini si vanta di aver fatto nominare, attraverso Legnini, il procuratore di Bari Anna Maria Tosto che poi avrebbe dovuto indagare sulla banca . Legnini ha poi confermato che fu lui a mediare la nomina della Tosto, sostenuta da Area, contro Capristo, sostenuto da Unicost, per cui qualcosa di vero c’è.

A completare il quadro vi sono poi le telefonate fra Legnini e Jacobini in occasione delle elezioni in Abruzzo, il cui contenuto è ignoto, ma immaginiamo di cosa abbiano parlato, vista l’occasione. Peccato che non ci siano simili intercettazioni a partire dal duemila riguardanti i rapporti fra membri del CSM e, ad esempio, membri del CDA di Popolare di Vicenza ai tempi di Zonin perchè ne vedremmo sicuramente delle belle. Potremmo almeno capire quello che successe nel 2002 quando vi fu perfino l’imputazione coatta di Zonin per opera del GIP Carreri , procedura poi annullata nel 2003 dal GUP Furlan, con la rimozione della Carreri. Potremmo sapere cosa veramente successe, quali telefonate intercorsero fra le parti. Purtroppo non lo sapremo mai.

Un fatto è evidente: chi indaga sulle collusioni fra vertici degli istituti finanziari e della magistratura? Deve tutto avvenire ad un livello tale da sfuggire al controllo democratico del pubblico? L’assenza di questi controlli incrociati – conclude l’articolo – sta erodendo la base democratica del paese, eppure abbiamo aree intoccabili, ed irriformabili, il tutto nel silenzio più totale.

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