Giada Giunti lotta per il figlio: Ministero di Giustizia prende in carico la sua storia

Grazie all’intervento delle forze dell’ordine, che si sono adoperate in questo senso, Giada Giunti, protagonista di una storia di amore e disperazione che coinvolge lei e suo figlio, è riuscita a parlare con un rappresentante del Ministero di Giustizia.

E’ infatti scesa dai propri uffici una rappresentante del Ministero, che si è presa in carico la vicenda parlando con lei per oltre un’ora.

La donna si è vista allontanare suo figlio dagli assistenti sociali. In seguito il minore è stato affidato al padre. Tutto ha avuto inizio quando la donna ha deciso di divorziare dal marito. L’uomo l’avrebbe infatti in seguito denunciata in quanto a suo dire lei gli avrebbe impedito di vedere il figlio, quando in realtà sarebbe risultato che lo teneva più di quanto stabilito dalla Legge.

“Mi è stata sospesa la responsabilità genitoriale – ha spiegato la donna nel corso di una intervista rilasciata a https://realinside.it/ – il 13 luglio del 2015, perché avrei sporto troppe denunce per maltrattamenti e stalking nei confronti del mio ex marito”.

“Mio figlio è stato allontanato – aggiunge – e collocato in una casa-famiglia, perché sono stata “diagnosticata” SIMBIOTICA, insomma troppo affettiva!

E’ stato prelevato con la violenza da scuola da ben otto persone, che lo hanno trascinato lungo il corridoio della scuola. Da quel momento è stato sette mesi in casa-famiglia”.

“In seguito – ci ha detto – è andato due anni e mezzo da mia madre. Finchè il padre ha ottenuto l’affidamento e l’ha portato con sè nella propria abitazione di Roma”.

.Un calvario fatto di sofferenze, dolori, privazioni vissute in un arco di tempo di circa 9 anni, che ha comportato su piano economico costi vertiginosi ed insostenibili che hanno causato una condizione di totale povertà, nonostante il fatto che la donna lavori dall’età di 18 anni e sia stata sempre autonoma ed indipendente.

Tra i due ex coniugi già nel corso della vita matrimoniale intercorrevano vari problemi ed ora Giada teme per l’incolumità di suo figlio.

“La vicenda di Giada Giunti – dichiara a questo proposito la Criminologa dr.ssa Roberta Sacchi – rappresenta un capitolo raccapricciante nei procedimenti per l’affido dei minori. In più quindici anni di lavoro non ho mai visto e letto niente del genere. In quattromilacinquecento pagine di vicenda giudiziaria non si rintraccia alcun valido motivo per cui un bambino dovesse essere allontanato dalla madre, un provvedimento così innaturale dovrebbe essere adottato solo per gravi psicopatologie dei genitori, abusi o maltrattamenti.

Oggi l’accertamento della responsabilità genitoriale è diventato una moderna inquisizione dei comportamenti materni. L’assunto di base che ispira le Consulenze Tecniche d’Ufficio è che la madre è inadeguata e in qualche modo responsabile della paura e del rifiuto del bambino verso l’altro genitore, anche in casi di violenza denunciata o accertata.

L’unico motivo per cui il bambino è stato strappato a Giada Giunti è la violenza istituzionale. Le Istituzioni, e i cosiddetti esperti che ci lavorano, invece di accogliere le paure del bambino si sono eretti a paladini di quella che evidentemente è sembrata una “causa nobile”, la bigenitorialità a tutti i costi e con tutti i mezzi. In nome di un principio, questi soggetti hanno esercitato sul bambino pressioni, intimidazioni e minacce senza avere avuto nemmeno la decenza di riversarle negli scritti. Si tratta di una grave violazione dei diritti umani.

Sta crescendo nell’opinione pubblica l’idea che gli psicologi forensi e gli assistenti sociali sono diventati gli aguzzini dei bambini. Dobbiamo fermarci”.

Ettore Lembo e Lucia Mosca – – www.la-notizia.net

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