La memoria condivisa passa per il 10 febbraio, altro che 25 aprile…

di Francesco Storace

Non è il compitino di una parte. Il Giorno del Ricordo è una data solenne riconosciuta dallo Stato con una legge. Ma i Martiri delle foibe sembrano dover scontare ancora – dopo decenni di oblio – la fatica di una memoria che è ancora negata, combattuta, stracciata.

Altro che condivisione! La nostra Patria pare ancora lontana dal raggiungere la meta della pacificazione: ogni 10 febbraio ci si deve mobilitare per scuotere ancora le coscienze ma ci tocca persino subire noiosi e antistorici predicozzi negazionisti.

Che vengono da quelli della retorica a piene mani sul 25 aprile, resa giornata di parte da atteggiamenti che non hanno eguali nel mondo, almeno nei paesi che ricordano civilmente il ritorno della democrazia nei loro confini. Da noi fanno a bastonate persino sul diritto o meno a partecipare delle bandiere della Brigata Ebraica.

Finché perdura il rifiuto di una lettura comune della storia, resterà impossibile ogni disegno culturale di riconciliazione. La speculazione abbonda ed è proprio il 10 febbraio a testimoniare quanto sia ancora aspra una contesa che ha sempre meno senso. Le ragioni degli altri sono sempre meno importanti dei propri torti.

Non può essere casuale il monito fortissimo che ieri ha rivolto dal Quirinale il presidente Mattarella, con un messaggio netto e chiaro. Le foibe e l’esodo, gli orrori commessi contro gli italiani del confine orientale, non furono «una ritorsione contro i torti del fascismo, come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare». Furono, invece, il «frutto di un odio che era insieme ideologico, etnico e sociale».

Finalmente, anche se resta il rammarico di parole – sia pure importantissime – che restano a palazzo e nei tiggì, ma che tardano a farsi strada nella società. Perché c’è ancora una sinistra – e incredibilmente l’associazione partigiani che solo la sindaca di Roma può pretendere di mettere in cattedra sulle foibe – a dare spazio a una storiografia bugiarda.

Ma se proprio il 25 aprile il Secolo d’Italia si mettesse a organizzare convegni sui crimini partigiani nel triangolo rosso, come la prenderebbero questi signori? Ecco perché apprezziamo il discorso di Mattarella, che ha voluto dire basta alla propaganda. E ha fatto bene anche Giorgia Meloni a porre l’accento pure sul passaggio in cui il Capo dello Stato ha denunciato ”l’intollerabile cortina di silenzio che, per troppo tempo e per interessi politici, è calata su questa pagina della nostra storia”.

Purtroppo nella realtà persistono ancora atteggiamenti di chiusura. Perché se stasera a Roma la fondazione Almirante proporrà al teatro Eliseo una iniziativa a ricordo della tragedia, in mattinata a Parma ci toccherà subire l’oscena rappresentazione negazionista presso il cinema Astra, da parte delle solite, settarie patetiche associazioni partigiane. Magari finanziate pure dallo Stato.

A volte sembra ancora di vivere quello che ieri Rampelli ha ricordato al nostro giornale, e cioè il tempo in cui il linguista Tullio De Mauro – poi ministro… – definiva le foibe “doline carsiche”…

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