Il Pd allo sbando cambia nome alle tasse: via l’Imu arriva l’Imi, poi ci ripensa

 

Cambia ancora la tassazione sulla casa, anzi no. Il Pd ritira l’emendamento alla legge di bilancio che prevede l’istituzione dell’imposta municipale sugli immobili.

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E’ stato lo stesso primo firmatario Maino Marchi, capogruppo Pd in commissione Bilancio, a ritirare la proposta di riunificare sotto la dicitura “imposta municipale sugli immobili (Imi)” sia l’imposta municipale (Imu) che il tributo per i servizi indivisibili (Tasi). “Dalle verifiche fatte sull’emendamento relativo all’unificazione in un’unica imposta di Imu e Tasi abbiamo appurato che in alcuni casi ci potrebbe essere, anche se lieve, un aumento della tassazione per i cittadini“.

La proposta del Pd, mutuata da un’iniziativa dell’Anci, e che era già stata dichiarata ammissibile in Commissione, predisponeva per gli immobili diversi dall’abitazione principale e dai fabbricati rurali a uso strumentale un’aliquota pari all’8,6 per mille e i Comuni possono aumentarla sino all’11,4 per mille.

La prima levata di scudi è arrivata da Confedilizia che ha denunciato come le tasse sugli immobili anzichè diminuire si troverebbero invece ad aumentare. Confedilizia mette in risalto come l’emendamento che di fatto unifica Imu e Tasi “conferma come Tasi e l’Imu siano una patrimoniale” aumenta la tassazione sugli immobili: il limite massimo ordinario della somma delle aliquote di Imu e Tasi, infatti, è del 10,6 per mille. L’emendamento suggerito dall’associazione dei Comuni e fatto proprio dalla maggioranza, invece, lo avrebbe riportato all’11,4 per mille.

* AGGIORNAMENTO 15 novembre 20.00

Il governo ha posto la fiducia sul decreto fiscale collegato alla manovra 2017 che prevede, tra l’altro, l’abolizione di Equitalia, la rottamazione delle cartelle esattoriali e la nuova finestra per la voluntary disclosure. La fiducia, ha spiegato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, sarà posta sul testo uscito dalle commissioni Bilancio e Finanze della Camera. Dopo un nuovo passaggio nelle Commissioni a causa di alcuni problemi di copertura, il provvedimento sarà votato dall’Aula di Montecitorio alle 11.30. Superato lo scoglio del decreto fiscale che passerà all’esame del Senato per la seconda lettura.

ECCO IL PROGETTO ORA STRALCIATO

L’Imi si applicherà in tutti i comuni del territorio nazionale, ferma restando, per le Province autonome di Trento e di Bolzano, la facoltà di modificarla. La data per il versamento dell’imposta resta il 16 giugno, mentre sarà possibile pagare in due rate: la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Confermata l’esenzione per le abitazioni principali a meno che non si tratti di case signorili, ville e castelli.

I Comuni potranno applicare aliquote dell’11,4% per mille per i fabbricati e 7 per mille per ville e castelli. La base imponibile è dimezzata anche per le abitazioni in comodato d’uso gratuito ma anche per i fabbricati di interesse storico o artistico, per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati.

Il Comune può differenziare l’aliquota dell’8,6 per mille per i fabbricati a uso residenziale diversi dall’abitazione principale, per i fabbricati industriali, per i fabbricati commerciali, per alberghi, pensioni, teatri,case di cura, istituti di credito, collegi, convitti, case di cura e ospedali,scuole, biblioteche, uffici pubblici, laboratori per arti e mestieri, per i fabbricati a uso commerciale con particolari caratteristiche tipiche dei centri storici.

Sono esenti dall’imposta le chiese e gli istituti di culto, i fabbricati di proprietà della Santa Sede e appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali.

L’imposta per gli immobili strumentali, ovvero i beni per l’esercizio dell’impresa, è deducibile al 20% ai fini della determinazione dei reddito di impresa e del reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni ma non ai fini Irap.

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