Jo Cox, spin first. Lo strano caso di Thomas Mair

 

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La sindrome del Reichstag. Le false bandiere. I pazzi solitari. Gli avvoltoi che schiumano rabbia appena osi far notare il tempismo sconcertante con il quale questi provvidenziali individui dalle biografie sempre più improbabili escono dalle fottute pareti. Non abbiamo ancora smaltito l’incredibile spree killer del gay club di Orlando, musulmano ma forse criptogay, esecutore di un massacro compiuto tutto da solo senza mancare un colpo verso le sue più di cinquanta vittime, uccise mentre controllava su Facebook quanti like si accumulavano sui suoi post sul massacro in corso. Non siamo ancora riusciti a capacitarci di come si possa compiere un macello simile senza essere almeno un Navy Seal e forse in tre o in quattro, nonostante frotte di Poracci Snipers giurassero che si fa tutto con un solo caricatore (gente che non ha mai visto un morto nemmeno al funerale del nonno). Eppure, schiattato un pazzo solitario, se ne fa subito un altro.

Ieri a Birstall nello Yorkshire, in Inghilterra, la deputata laburista Jo Cox è stata aggredita a colpi di pistola e coltellate, apparentemente da un cinquantino risultato noto come insano di mente, tale Thomas Mair.(un poveraccio morto di fame che viveva di lavori saltuari, entrando e uscendo da cliniche psichiatriche, ndr)

Secondo alcune ricostruzioni, la Cox, intervenuta in un litigio tra Mair e un’altro individuo più anziano per dividere i contendenti, sarebbe rimasta vittima della reazione di Mair. Secondo altre voci al vaglio degli inquirenti la Cox sarebbe stata oggetto di minacce da almeno due mesi ma da parte di un altro sconosciuto. La deputata stava facendo campagna referendaria nel suo collegio a favore del Remain, ovvero contro l’ipotesi di uscita della Gran Bretagna dalla UE.

Trasportata all’ospedale in fin di vita per le ferite riportate, la Cox è morta poco dopo ma, nel frattempo, i media mainstream, incluso perfino un giornale online australiano, avevano già scritto che era rimasta vittima di un attentato da parte di un sostenitore del Brexit. Altri deputati twittavano (salvo poi cancellare in seguito i tweet) che “un testimone aveva udito l’assalitore gridare “Britain First” prima di colpirla. Veniva fatto anche il nome del testimone, tale Hicham Ben Abdallah che però, successivamente, come riportato dal sito Breitbart (da seguire perché costantemente aggiornato sugli sviluppi del caso), risultò aver smentito categoricamente di aver udito il grido “Britain first”, mentre un altro testimone riferiva di aver udito, forse, “put Britain first”.
Tenendo conto che esistono i crisis actors e che la psicologia della testimonianza è materia più controversa delle superstringhe, non avrei dato tanto importanza a voci incontrollate nate nella concitazione degli eventi.
Eppure la percezione di un testimone oculare, vero o imboccato, reale o inventato, è diventata il Verbo.

Ecco come il giornale di Bruxelles “Le Soir” ha rilanciato tra i primi, con la Cox ancora all’ospedale in lotta con la morte, la storia del “Britain First”, associandolo inequivocabilmente al Brexit.

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Da quel momento l’assassinio “motivato dall’odio antieuropeo e dal fanatismo pro-Brexit” diventa la versione ufficiale, nonostante le riserve di alcuni giornali britannici che preferiscono non sbilanciarsi sui moventi dell’aggressione. Difatti nella conferenza stampa delle 17.15, la polizia locale, annunciando la morte della deputata, non parla di movente politico ma di indagini in corso in ogni direzione.Questa della “colpa del Brexit” è la versione ufficiale sposata non tanto dagli attoniti compagni di partito e famigliari di Jo ma dalla marmaglia politica europea e soprattutto dai loro cani da lecco della propaganda. Uno sciacallaggio indegno, uno scorreggiare senza ritegno di iene schifose in direzione del movimento referendario in grado potenzialmente di far svaporare i sogni di dominio assoluto di una istituzione sempre più carente di qualsiasi legittimazione popolare ma che rappresenta il potere che ossequiano ed al quale hanno venduto altro che le anime. Avvoltoi necrofagi che si sono lanciati sul corpo ancora caldo di una giovane madre nel tentativo di spostare a proprio vantaggio i consensi di un elettorato che è meno boccalone di quanto si pensi e che, secondo le ultime stime, sarebbe propenso a dar loro una grossa lezione di democrazia.

Anche il giorno successivo alla tragica morte di Jo Cox i media e i politici continuano a tessere la tela di ragno nella quale sperano di imprigionare il legittimo, in democrazia, desiderio di libertà e riconquista di sovranità e stato di diritto dei popoli sottoposti a regole arbitrarie di austerità economica o politiche di immigrazione selvaggia. Peccato che però, nel farlo, questi volonterosi wannabe statunitensi europei rischino di scoprirsi il didietro non proprio pulito.Sul sito australiano News.com.au è comparso oggi questo articolo che, come fosse una cosa normalissima, pubblica una serie di ricevute di acquisti effettuati tra il 1999 e il 2003 da Thomas Mair, il presunto assassino di Jo Cox, al sito National Vanguard Book, appartenente alla National Alliance, un’organizzazione di estrema destra americana ufficialmente chiusa nel 2013.
Si tratta di un manuale per la fabbricazione domestica di munizioni, di un libro sulla chimica della polvere e degli esplosivi, di un manuale “nazista” intitolato Ich Kampfe e di sei numeri della rivista “Free Speech”, spediti al suo indirizzo di Batley, vicino al luogo dove è avvenuta l’aggressione a Jo Cox.Come fa un giornale australiano ad avere gli scontrini di acquisti privati di un cittadino inglese noto, fino a quel momento, solo per aver partecipato a programmi di cura e recupero di pazienti psichiatrici e non particolarmente appassionato di politica, secondo le dichiarazioni dei suoi conoscenti?
E’ semplice, li ha forniti e pubblicati il Southern Poverty Law Center, fondato nel 1971 in Alabama dagli avvocati Morris S. Dees Jr. e Joseph Levin Jr. come associazione per i diritti civili, e oggi divenuta una vera corazzata del politicamente corretto, sempre pronta a scatenare allarmi su razzismo ed intolleranza e, a quanto pare, a schedare i cittadini americani per le loro attività sospette. Con un ottimo risultato, a quanto pare, visto il fatturato di 256 milioni di dollari dichiarato nel 2011 e proveniente da un’abile campagna di autofinanziamento.

L’associazione è stata criticata da opposti schieramenti politici per la disinvoltura con la quale è solita compilare le sue hate list, ovvero le mappe e gli elenchi di tutte le associazioni, movimenti, persone e partiti in America che non rispondono ai suoi canoni di ciò che è politicamente corretto, additandoli come seminatori di odio.
Nel 2012 a Washington il suo ruolo di incendiario, più che di pompiere, è stato associato ad un episodio di terrorismo interno che vide il tentativo di un fanatico gay armato di introdursi nei locali della sede del Family Research Council (un gruppo per la difesa della famiglia) che provocò l’uccisione di un membro della sicurezza. L’attentatore dichiarò di aver scelto il suo obiettivo attingendo dalla hate list dell’SPLC.
In una lettera inviata all’FBI da quattordici esponenti cristiani e conservatori, la SPLC veniva definita “un’organizzazione altamente politicizzata, dedita a fornire dati inaccurati e manipolati più su gruppi che su episodi di odio; dati non conformi a quelli ufficiali dell’FBI e sovrastimando l’entità dei presunti crimini commessi da questi gruppi, tra i quali ormai rientravano associazioni cristiane in difesa della famiglia tradizionale e critiche nei confronti delle unioni omosessuali.“Tornando alla domanda cruciale: che c’entra una seppur potente associazione sui diritti civili AMERICANA con gli acquisti online di un cittadino BRITANNICO? Con quale solerzia è riuscita in poche ore a ritrovarne traccia nei propri archivi, oltretutto risalendo a fatti di più di dieci anni addietro e a fornirli alla stampa, raggiungendo perfino la lontana Australia.
Ecco da dove nasce il Thomas Mair “neonazista”. Io, vista la fonte, sarei ancora più guardinga nel prendere per oro colato le ricostruzioni della stampa di queste ore. E, se fossi inglese, mi domanderei dove è andata a finire la tanto sbandierata privacy e quanti orecchi e occhi indiscreti sono in grado di tracciare non solo i nostri acquisti ma le nostre opinioni. “Taci, il nemico ti ascolta”, recitava un famoso poster della seconda guerra mondiale.

Vi lascio con un brano sempre attuale tratto dalla antica sapienza dei greci.

erodotoPovera Jo, vittima sacrificale, riposa in pace.

Barbara Tampieri aka Lameduck

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