Derna è già come Raqqa, nuovo santuario dell’orrore Isis in Libia

 

Derna appare già oggi come Raqqa, capitale siriana dei jihadisti dello Stato islamico (Isis), e i raid russi in atto da due mesi in Siria stanno spingendo sempre più combattenti alla volta della Libia, che oggi rischia di diventare il “nuovo santuario” del Daesh (acronimo arabo dell’Isis), stando al monito lanciato dal ministro degli Esteri libico, Mohammed Dayri.

I combattenti dell’Isis stanno infatti traendo vantaggio dal caos politico in cui versa il Paese, con due parlamenti che si contendono il controllo della Libia, incapaci finora di arrivare a un accordo per dare vita a un governo di unità nazionale.

“Oggi Derna appare identica a Raqqa”, ha detto alla Cnn un ex jihadista libico, Noman Benotman, oggi passato all’antiterrorismo, secondo cui i combattenti dell’Isis sono “sulla buona strada per creare un emirato islamico nella Libia orientale“. Di fatto, dopo la rivolta popolare dello scorso giugno, l’Isis controlla oggi solo la zona sud-orientale di Derna, Fataieh, da dove però continua a lanciare attacchi.

novembre 2014 - Isis uccide attivisti per i diritti umani a Derna. Si chiamavano Mohammed Battu e Siraj Qath
novembre 2014 – Isis uccide due attivisti per i diritti umani a Derna.
Si chiamavano Mohammed Battu e Siraj Qath

Secondo fonti libiche interpellate dall’emittente americana, l’Isis conta oggi circa 800 combattenti e gestisce sei campi alle porte di Derna, così come altre strutture più grandi nelle vicine Montagne verdi della Cirenaica, dove vengono addestrati i combattenti che arrivano da tutto il Nord Africa. E di recente sono rientrati anche altri 300 jihadisti libici, impegnati finora a Deir Ezzor in Siria e a Mosul in Iraq.

Approfittando del caos politico i combattenti fedeli al califfo Abu Bakr al Baghdadi hanno da tempo cominciato a rafforzare la propria presenza lungo la costa verso Ovest, dando vita a cellule ad al Bayda, a Bengasi – già in mano della coalizione islamista Ansar al Sharia – a Sirte, ad al-Khum, ed anche a Tripoli, secondo Benotman.

All’inizio di novembre, ricorda la Cnn, su un account Twitter legato all’Isis è stata infatti pubblicata la rivendicazione degli attacchi con autobomba davanti alle ambasciate di Egitto ed Emirati arabi uniti. Di fatto l’espansione dell’Isis in Libia potrebbe essere favorita dall’arrivo di numerosi combattenti dalla Siria. “Abbiamo raccolto informazioni sul fatto che i combattenti dell’Isis stanno andando via. Il Daesh vuole un punto di appoggio in Africa”, ha detto all’International Business Times un un alto comandante dei miliziani sciiti libanesi Hezbollah, impegnati in Siria al fianco del regime di Damasco.

Ma non sono solo i raid aerei russi a spingere i jihadisti in Libia, perchè da tempo l’Isis sollecita l’arrivo di combattenti nel Paese africano dove già da due mesi fa ha inviato dall’Iraq alcuni dei propri leader, con il compito di addestrare le forze locali. Lo stesso ministro degli Esteri libico ha riferito di informazioni “affidabili secondo le quali il comando di Daesh chiede alle nuove reclute di dirigersi verso la Libia, e non più in Siria, soprattutto dopo gli attacchi russi”. Una fonte che ha legami familiari con l’Isis ha riferito di jihadisti tunisini in partenza per la Siria che sono stati dirottati nella penisola egiziana del Sinai, da dove “non è difficile arrivare in Libia”, ha detto l’analista dell’antiterrorismo Harleen Gambhir, sottolineando che l’Isis in Libia “ha un disperato bisogno di combattenti”.

Nel numero dello scorso settembre della rivista dell’Isis Dabiq, infatti, il leader Abul-Mughirah al-Qahtani ha dichiarato: “Lo Stato islamico qui in Libia è ancora giovane. Abbiamo bisogno di ogni musulmano che può venire, soprattutto medici, personale amministrativo e giudiziario, oltre ai combattenti”. La Libia ha “un pozzo di risorse che non può prosciugarsi”, ma soprattutto, ha sottolineato al-Qahtani, la Libia è “una porta sul deserto africano che porta a diversi Paesi africani. E il controllo dello Stato islamico su questa regione porterebbe al crollo economico l’Italia e tutti gli altri Stati europei“.  (askanews)

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