Sentenza G8 Genova, arduo ritenere che gli organi comunitari dispensino giustizia

giuliani

 

La sentenza sui fatti della scuola Diaz di Genova riapre, stavolta dal triste scranno del giudice europeo, una pagina dolorosa e di afflizione per il nostro paese. Ma l’impatto di questa, chiamiamola giustizia ( per quanto mi sia arduo ritenere che in gli organi comunitari ricerchino davvero la giustizia) , colpisce le poche certezze e le poche difese che erano rimaste ad un Paese sempre più al collasso.

Oggi questa Italia, brutalizzata, senza più controllo sui propri confini, svenduta alla ricca Germania da una moneta fatta su misura per impoverirla, ridicolizzata a livello internazionale aveva avuto il coraggio di scegliere di schierarsi dalla parte dei propri servitori. Si il coraggio di schierarsi. Perché in tutta coscienza non credo che qualche manganellata in più non possa esserci scappata alla Diaz. Sicuramente questo è avvenuto. E sicuramente i no Global hanno delle idee ed hanno il diritto di portarle avanti.

Ma come la costituzione positivizza e tutela dei diritti, impone anche dei limiti al loro esercizio. E non v’è dubbio che la costituzione tutela il diritto di manifestare pacificamente e senza armi ( che siano fucili, bastoni, sassi o estintori). E non esiste dubbio del fatto che se qualcuno è stato legnato oltre il dovuto, non fa piacere a nessuno ma si deve vedere al contesto ove questo è avvenuto.

Si deve guardare allo stato degli agenti che hanno compiuto i fatti. Uomini aggrediti, che vedevano i loro compagni feriti, che erano corsi tutto il giorno a prendere botte per a prendere botte per evitare danni fisici a civili inermi a proprietà. Oggi tutti pensano ai feriti della Diaz, io ricordo anche come era ridotta Genova.

Lo Stato aveva subito un violento attacco sul proprio territorio sovrano e reagiva. Ed ovviamente non poteva punire i propri difensori. Un paese non può mandare sotto processo chi lo difende, altrimenti si condanna da solo al tracollo definitivo. Dunque si avranno tirato qualche colpo in più ma se altri hanno scatenato una guerra, cosa potevano aspettarsi. Uno stato che difende i propri soldati è uno stato che si difende e che da difesa a chi vive onestamente entro i propri confini. Un paese fiero. Nulla di male ad viverci, a farci crescere i propri figli.

E poi c’è un Italia marcia, che si antepone a quella sana. Un’Italia che non ha coscienza di se stessa che difende qualsiasi farabutto, che pontifica sul dovere di accoglienza. Rendiamoci conto! Neppure davanti alla pulizia etnica di loro stessi e delle proprie famiglie battono ciglio. Quell’Italia che dedica aule istituzionali ad un individuo che la stessa Europa ha chiaramente relegato al suo naturale ruolo di delinquente. Un paese nel quale ad ogni baruffa di clandestini, ad ogni arresto di teppisti, ad ogni fermo di alcun genere la polizia ha la colpa di ogni male della società, e l’infame delinquente diventa il nobile e incompreso eroe da strapazzo di questi buffoni radical chic che si fanno chiamare intellettuali. Gli stessi che parlano di proletariato e di lotta di classe guidando l’ultimo modello della porche. Si riempiono la bocca con la parola accoglienza ma, mentre non hanno problemi a riempire le periferie di clandestini, l’unico straniero accolto nella loro casa è la colf.

Sembrano lontani i tempi in cui Pierpaolo Pasolini ebbe la lucidità intellettuale e critica di scrivere in riferimento al teppismo degli studenti di sinistra : “Siete paurosi, incerti, disperati /(benissimo) ma sapete anche come essere/ prepotenti, ricattatori e sicuri: /prerogative piccoloborghesi, amici. /Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte /coi poliziotti,/ /io simpatizzavo coi poliziotti! /Perché i poliziotti sono figli di poveri.” Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.

Pasolini arrivava a definire atto di teppismo l’aggressione ai poliziotti. Una onestà intellettuale che va oltre la condivisione o meno dell’idea di fondo. Ma che da l’idea di una moralità di fondo. Moralità ed onestà intellettuali della quali l’antagonismo è privo in maniera assoluta.

Alessandro Scipioni

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