Appello degli antropologi: Cancellare la parola ”razza” dalla Costituzione

RAZZE

 

E’ la più citata, e forse la più importante, tra le norme della Costituzione. Quella che, sancendo il principio di uguaglianza, afferma: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Ecco, saltando la parola scritta in neretto, si ottiene la formulazione che avrà l’articolo 3 della Carta fondamentale se sarà accolto l’appello lanciato con un articolo su scienzainrete.it dagli antropologi Gianfranco Biondi e Olga Rickards. La richiesta è, infatti, di eliminare il termine “razza”, quando si parla dell’homo sapiens, dalla Costituzione e da tutti gli atti ufficiali del nostro Paese.

L’appello – L’appello – indirizzato al presidente della Repubblica, ai presidenti di Camera e Senato e al presidente del Consiglio – ha raccolto immediati consensi. A sostenerlo, d’altra parte, c’è un argomento solidissimo: le razze umane, semplicemente, non esistono. Questo non significa negare “le differenze biologiche esistenti tra i diversi popoli dell’umanità”. Significa, però, che “quelle differenze non possono essere analizzate e tantomeno comprese attraverso lo strumento scientifico del livello tassonomico della razza”. In parole povere, non è possibile operare una tassonomia, una classificazione, del genere umano dividendolo in razze.

Il concetto di razza – Questa classificazione – ancora ben presente nel linguaggio comune – si è affermata in campo scientifico dal Settecento alla prima metà del Novecento e ha portato a distinguere i gruppi umani a partire dai caratteri morfologici e, in particolare, attraverso il colore della pelle. Ma quel colore, in realtà, non indica alcuna speciale “parentela”. Ci dà solo delle indicazioni sull’ambiente naturale nel quale una popolazione si è sviluppata. Nel loro appello Gianfranco Biondi e Olga Rickards fanno un esempio che ben chiarisce il concetto: “Secondo l’antropologia classica, e le sue classificazioni razziali – scrivono – da una parte si collocava la maggiore parentela tra gli europei e gli asiatici e dall’altra quella tra gli africani e gli australiani: la divisione cioè era tra popoli di pelle chiara e di pelle scura. La recente ricerca molecolare invece ha dimostrato che gli asiatici sono geneticamente più simili agli australiani, perché quei popoli si sono separati dalla popolazione africana, che è la popolazione madre di tutta l’umanità attuale, in epoca più antica rispetto a quando lo hanno fatto gli europei”.

Parola sbagliata e fuorviante – La richiesta di eliminare dai testi delle leggi la parola “razza” non ha insomma alcuna necessità di fondarsi su convinzioni etiche, umanitarie, filosofiche. La ragione è banale, ovvia: è una parola sbagliata e fuorviante. Ma questo concetto, mentre è stato acquisito in modo assoluto nel linguaggio scientifico, non è stato recepito, oltre che dal linguaggio comune, dal linguaggio giuridico. Nell’appello si ricorda che l’eliminazione della parola razza dai testi legislativi è stata decretata in Francia fin dal 2013 con l’adozione di un progetto di legge presentato dalla sinistra. “Sopprimendo la categoria giuridica delle razze – scrivevano i proponenti – cesseremmo di dare legittimità giuridica alle ideologie razziste ed affermeremmo, infine, che esse poggiano su un concetto che non ha alcun fondamento scientifico”.

Il dibattito è aperto – Il dibattito è aperto. In un articolo apparso domenica sul “La lettura”, il supplemento del Corriere della Sera, Adriano Favole e Stefano Allovio fanno notare che la cancellazione della parola razza si presta ad alcune obiezioni. Per esempio, può apparire un puro e semplice maquillage (come sostenne, quando il dibattito si aprì in Francia, il sociologo Eric Fassin) perché non è certo abolendo quella parola che si elimina il razzismo. In effetti, si possono fare mille esempi di uso discriminatorio di altri termini, da “etnia” a “religione”. Favole e Allovio fanno inoltre notare che, dal punto di vista strettamente giuridico, qualcuno potrebbero mettere in discussione, con argomenti analoghi, anche un altro dei termini contenuti nell’articolo 3, “sesso”, al quale molti preferiscono “genere”.

Gli argomenti favorevoli – Tuttavia gli argomenti favorevoli superano quelli contrari. Se non altro per una ragione: discutere della eliminazione di questa parola dalle leggi aiuta a divulgare il concetto fondamentale: la “razza” è qualcosa che esiste solo nella testa degli uomini.

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