C’era una volta Roma. Ora c’è l’albo per regolarizzare i Rom: legalizzato il racket del ferro

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19 apr – Un albo per regolamentare i nuovi «robivecchi», che a Roma sono tutti nomadi o quasi. La proposta, discussa nelle commissioni congiunte Ambiente e Politiche sociali presiedute dai consiglieri Pd Athos De Luca ed Erica Battaglia, dovrebbe condurre in tempi stretti alla redazione di un regolamento da sottoporre all’attenzione dell’assemblea capitolina che disciplini l’intera filiera industriale del recupero dei rottami metallici, partendo da un’evidenza: sul monopolio dei rom, che negli anni si sono imposti come punto di raccordo tra il cassonetto e l’acciaieria, si regge un intero settore, quello dei cosiddetti «rottamatori» che nei fatti contano proprio tra i nomadi i loro principali clienti. Con due implicazioni, negative, sul piano ambientale vista la mancata tracciabilità dei rifiuti trasportati, e su quello economico considerato il giro di soldi, sommerso, che c’è dietro.

Su scala nazionale, l’Airmet (associazione italiana recuperatori metalli) stima che su 20 milioni di tonnellate di materiali recuperati in un anno quasi un terzo, sei milioni, derivano dalla raccolta in forma ambulante. Con l’acciaio a 70 centesimi e il rame a 3,5 euro al chilo, le proporzioni sono le stesse anche a Roma, dove circolano abusivamente circa 1.400 furgoncini (ai quali si aggiungono i carrelli dei supermercati) che guadagnano in media tra i 250 e i 400 euro puliti al giorno.

I nomadi si riforniscono sul territorio, direttamente dal cassonetto (materiali già oggetto di furto essendo di proprietà dell’Ama), rivolgendosi alle attività al dettaglio come meccanici carrozzerie e fabbri che così risparmiano sui costi di smaltimento specie sui rifiuti speciali e pericolosi oppure ai privati: chi vuole svuotare la cantina, anziché raggiungere l’isola ecologica, risponde all’offerta del rom che con 20 euro carica tutto. Che è anche il motivo per cui, secondo l’ultimo report dei vigili urbani, il proliferare di discariche abusive sta assumendo dimensioni allarmanti: questi soggetti rivendono la parte metallica, ferro alluminio ottone rame, abbandonando il resto, ciò che non è fonte di reddito, dove capita. Risultato: roghi tossici, per esempio per ripulire il rame della plastica, e montagne di immondizia in strada o nei campi nomadi.

Un’attività non regolamentata anche a livello nazionale, essendosi creato un vuoto nella normativa che non tutela nessuno: da un lato, i centri di recupero che acquistano per poi rivendere alle acciaierie, anche del nord, rischiano la ricettazione, dall’altro per coloro che esercitano in forma ambulante scattano sequestro del mezzo, multa (cinquemila euro) e denuncia per gestione non autorizzata di rifiuti.

La polizia municipale, che a Roma negli ultimi mesi ha fermato molti di questi furgoni riscostruendo la filiera dal produttore all’acquirente, ha disturbato le linee di approvvigionamento, per questo ieri in commissione congiunta anche i nomadi si sono fatti sentire: «Non lavoriamo più, fuori dal campo di Candoni c’erano tutti i furgoni fermi – ha spiegato ieri un portavoce del campo di via Salone – molti rottamatori sanno che ci sono i controlli e da noi non acquistano più, perché non abbiamo il formulario dei rifiuti e non possiamo venderli». Paradossalmente, se la passano male anche gli imprenditori, che in alcuni casi stanno facendo i conti con una drastica riduzione del fatturato: «Pensiamo ai nomadi egoisticamente, perché regolarizzarli equivarrebbe a risolvere anche i nostri problemi, non c’è una normativa che disciplini queste figure, diventate così fuorilegge per legge», ha ammesso Nicola Grillo, presidente dell’associazione Airmet, 80 associati sul territorio.

Ora, la commissione è ripartita dalla bozza di delibera del consigliere di centrodestra Tredicine, che tra gli altri punti proponeva «l’istituzione di un registro delle imprese dell’attività itinerante» indicando, tra i criteri, la residenza sul territorio comunale e l’apertura della partita Iva. Anche alla luce dell’approvazione dell’anagrafe dei rifiuti, è evidente che «si richiedono innovazioni – ha concluso il consigliere De Luca – dovremo ricostruire la filiera individuando come referente anche Ama. Per gli operatori accusati di roghi tossici e rovistaggio può essere anche una forma di riscatto sociale».

Erica Dellapasqua  per il tempo

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