152 nomadi scrivono a Marino: ci sentiamo romani, no a vivere nei campi

marino30 ago – ”Caro sindaco, siamo e ci sentiamo cittadini di questa citta’, dove viviamo da trent’anni. Siamo orgogliosi di essere cittadini italiani e cittadini d’Europa. Siamo cittadini rom che credono nell’inclusione e che sognano di poter avere piena cittadinanza in questa bella citta’. Per questo le chiediamo di ascoltare il nostro desiderio di essere cittadini come gli altri, senza discriminazione e senza ghettizzazione”.

Cosi’ prende il via lettera inviata al sindaco di Roma Ignazio Marino, dalla comunita’ rom insediata dallo scorso giugno in via Salviati, nella periferia est della Capitale, chiede di non essere piu’ costretta a vivere nei ”campi’‘ e di iniziare nuovi percorsi condivisi di inclusione sociale. Come si legge nello scritto che porta la firma di Sandor Dragan Trajlovic, portavoce della comunita’.

”Vivere nel campo ci fa sentire come all’interno di un ghetto, riservato a 1300 rom. Si’, il campo di Castel Romano e’ effettivamente un ghetto, isolato dalla citta’, insicuro, recintato, chiuso, dove non esiste alcuna possibilita’ di inclusione sociale. Abbiamo paura per noi e per i nostri figli, perche’ vivere a Castel Romano significa vivere nella sofferenza e rinunciare al futuro. Dopo trent’anni non ce la facciamo piu’ a vivere nei ghetti. Costringerci a farlo rappresenta per noi un atto di discriminazione”. Come spiega l’Associazione 21 Luglio, lo scorso giugno i 152 rom che attualmente si trovano nell’insediamento informale di via Salviati sono fuggiti dal ”villaggio attrezzato” di Castel Romano, dove vivevano dal 2010, in seguito a ripetuti episodi di violenza da parte di altri abitanti del ”campo”.

La comunita’ rom, ad oggi, vive nella costante tensione per un imminente sgombero e per il rischio di essere trasferita nuovamente a Castel Romano. Consapevole della necessita’ di non poter e non voler restare nell’attuale insediamento di via Salviati, la comunita’ lancia quindi un appello al sindaco per iniziare una nuova stagione di dialogo e un percorso all’insegna dell’inclusione. ”La mia comunita’ – si legge nella lettera – e’ disponibile a rimboccarsi le maniche e ad assumersi delle responsabilita’ per intraprendere un percorso che non ci porti piu’ a vivere nei campi e nel degrado, per essere inclusi, per integrare i nostri figli, per avere un futuro migliore. Ci chiamano nomadi ma non e’ quello che siamo e ci sentiamo”.

”Questo appello rappresenta la possibilita’ di trasformare il ”problema dei rom di via Salviati” in una opportunita’ storica per sperimentare percorsi virtuosi di inclusione sociale cosi’ come previsto e richiesto dalla Strategia Nazionale di Inclusione di Rom, Sinti e Camminanti”, afferma l’Associazione 21 luglio.

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5 thoughts on “152 nomadi scrivono a Marino: ci sentiamo romani, no a vivere nei campi

  1. Mi viene da ridere, questi più che Rom sono Very Idiot.

    Qualcuno avvisi loro che, grazie alla riforma di condominio, basterà loro non versare per tempo una rata condominiale e si ritrovano in cella.

    Scusate ritratto “non avvisateli” per un Ron la “cella” é la sua vera casa.

  2. Ve bene allora cominciate a pagare tutte le tasse che non avete mai pagato e poi se ne riparla…

  3. Hanno per caso anche detto DI CHE COSA vivono, dato che non lavorano ma possono esibire auto di lusso e catenoni d’oro al collo…perché non chiedono di risiedere magari nel Principato di Monaco per poi magari acquisirne anche la cittadinanza ?

  4. Quindi, cosa volete? Case scommetto, case popolari, case popolari che non vi spettano perchè, per 30 anni non avete versato una lira/un solo cent nelle casse dello Stato, avete occupato un suolo pubblico, il comune (non il comune ma, i cittadini italiani) vi paga le bollette della luce e dell’acqua.
    La gente normale cosa fa? vede gli annunci e si cerca una casa in affitto, e nonostante le proprie tasche non se lo possono permettere, comunque è costretto a pagare un’affitto che va oltre il proprio budget di serenità familiare….
    In una frase leggo che vi sentite insicuri … Questa è davvero curiosa come parola usata da voi…

  5. Alcuni anni fa si difendeva “il diritto” di queste persone al “nomadismo”, considerato che per loro era una scelta di vita ! Evidentemente le cose con il tempo sono cambiate, ma solo in parte perchè non mi sembra cambiato il loro modo di fare violento, soprattutto all’interno delle loro stesse comunità e le condizioni di degrado in cui continuano a vivere !

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