Bocciatura Mes, Giorgetti: “La UE adesso ce la farà pagare”

Giorgetti

Il Parlamento italiano ieri ha bocciato il Mes, l’Italia resta l’unico dei 27 Paesi dell’Ue a non aver ratificato l’accordo. La decisione come si sa ha creato divisioni nette sia nella maggioranza che nelle opposizioni. Ma chi ha sentito più di altri il peso di questo voto contrario è sicuramente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Sono in tanti – si legge su Repubblica – ad averlo sentito, nella mattinata di ieri. E il suo pensiero emerge, informalmente, pur nell’assenza ufficiale di conferma di ricostruzioni dei fatti precedenti al voto d’Aula.

“L’Europa ce la farà pagare e toccherà a me metterci la faccia”, si lamenta con chi l’ha sentito. Traduzione: ci saranno delle conseguenze per l’Italia. Non è un problema di merito: l’unica cosa su cui il ministro dell’Economia concorda con il resto della Lega è che in fondo il meccanismo di stabilità previsto nel trattato respinto comunque non sarebbe utile al sistema bancario italiano. Sceglie le retrovie, Giancarlo Giorgetti.

Nel giorno in cui la “sua” Lega – prosegue Repubblica – trascina la maggioranza sulla trincea del no al Mes, il ministro che invece era più disposto alla ratifica, l’uomo della trattativa con gli alleati europei che gli sollecitavano con ansia il via libera dell’Italia, scompare dalla scena. Non c’è, nell’Aula di Montecitorio, quando la Camera si esprime. E nel pomeriggio, malgrado sia atteso, non si fa vedere in Senato, dove è in discussione la manovra. Nessuna posizione, da via XX settembre, trapela sulla richiesta di dimissioni inoltrata dall’opposizione, Elly Schlein in testa.

Giorgetti tace mentre i falchi del suo partito – Borghi, Bagnai – esultano. Mentre Matteo Salvini festeggia il fatto che “l’Italia non dovrà pagare le banche tedesche”. Negli ultimi giorni Giorgetti si era prodotto in un discreto pressing a favore del Mes. O comunque a sostegno di un voto del Parlamento. L’aveva ribadito anche giovedì pomeriggio, nel corso di una videoconferenza con la premier Giorgia Meloni e i due vice Salvini e Antonio Tajani. “Non ha senso rinviare ancora, se andiamo oltre il 31 dicembre questa ulteriore perdita di tempo verrà letta come una posizione contraria”, era stato il messaggio. Il voto poi c’è stato ma alla fine è passata la linea dura di Salvini.  affaritaliani.it

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