Le missioni italiane all’estero ci costano piu’ di 20 miliardi all’anno

di I. D. – TISCALI

Abbiamo tanti problemi, ma alla “guerra” non rinunciamo. Sono 35 i teatri bellici dove bene o male i nostri contingenti militari sono presenti. E per questa partecipazione spendiamo ogni anno fior di fondi pubblici. Soldi che magari potrebbero essere impiegati almeno in parte per altre esigenze, come la creazione di posti di lavoro, il Welfare, l’istruzione, la sanità o la riforma delle pensioni. Dell’argomento si occupa oggi Libero con dei servizi di Gianandrea Gaiani e Tommaso Montesano.

Pronte 35 missioni

L’occasione per fare il punto della situazione è la prevista riapertura del Parlamento, nonostante le Camere siano sciolte, per votare – il giorno 17 – il decreto che rinnova le missioni militari tricolori all’estero. Si parla di 33 operazioni fatte in 22 stati e in tre parti del mondo, (Europa, Asia e Africa) attraverso l’impegno di 7mila uomini. Nell’anno corrente le operazioni diventeranno 35 perché sono previste due nuove operazioni in Africa per addestrare forze locali, ma diminuiranno i militari impiegati (almeno di 500 unità).

Le nuove missioni

In particolare nel 2018 il governo ha previsto due nuove missioni in Niger e Tunisia, oltre al rafforzamento di quella in Libia. In Niger è previsto l’utilizzo iniziale di 120 soldati per installare una base logistica ed addestrare truppe locali. Poi la presenza dei soldati italiani dovrebbe arrivare a 256 unità con punte di 470. Il tutto con un costo complessivo preventivato di 49,5 milioni di euro nel corso dell’anno. In Tunisia arriveranno invece 60 militari con funzioni di addestramento dei locali e consulenza. Costo totale 5 milioni, per aiutare le forze del posto a gestire l’ordine pubblico e la minaccia jihadista.

In Libia invece si procederà a un raggruppamento dell’attuale operazione Ippocrate – che significa presenza di 267 militari più un ospedale da campo – con le altre varie presenze che si occupano dell’addestramento delle truppe di Fayez al-Sarraj. Si comprende nelle attività previste inoltre il supporto tecnico per la manutenzione delle motovedette libiche utilizzate contro i flussi migratori illegali, assistenza garantita in particolare dalla nave officina Capri. Bisogna tener presente poi le attività dei tecnici dell’aeronautica per gli interventi sui C-130H libici. Alla fine dovrebbero essere circa 375 i nostri soldati presenti in quel pezzo di Nord Africa, con una spesa preventivabile in 34 milioni per i primi 9 mesi 2018.

Kosovo e Libano

Nell’ambito delle operazioni cui sovrintende la NATO dovrebbero essere utilizzati 500 uomini in Kosovo e 1100 in Libano. Il fine di tali operazioni ovviamente dovrebbe essere la lotta al terrorismo jihadista e ai traffici di esseri umani. In Libano i militari sono destinati anche a presidiare la linea di confine con Israele divenuta sempre più pericolosa. Altri soldati dovrebbero essere impiegati per le operazioni navali di fronte alle coste libiche (Mare Sicuro ed Eunavfor Med).

Militari italiani

A leggere il giornale le nuove missioni in terra africana dovrebbero trovare un contro bilanciamento nel progressivo ridimensionamento delle forze presenti in Iraq e in Afghanistan. Da sottolineare che si tratta dei costi più rilevanti per le nostre casse pubbliche: 301 milioni nel primo caso e 174 nel secondo per il 2017. A questo va sommato l’assegno di circa 120 milioni staccato annualmente a favore di Kabul per aiutare le forze armate locali.

Un ridimensionamento delle presenze italiane (da 900 a 700 militari) è previsto però per il contingente in Afghanistan Occidentale, in virtù dello sbarco ad Herat di altri militari Nato.
La spesa prevista

Alla fine, comunque, la spesa prevista dall’Italia per il 2018 è di 1,5 miliardi, superiore a quella del 2017 che è stata di 1,4 miliardi, inclusi i fondi per la cooperazione allo sviluppo della Farnesina. I costi per le operazioni in luoghi “bellici” insomma si fanno sentire. Basti pensare che in Afghanistan, dove il nostro Paese è presente dal 2001, abbiamo erogato – sempre in base a quanto riporta Libero – più di 6 miliardi di euro. In pratica qualcosa come “un milione al giorno in media”. Mentre la presenza in Iraq, dal 2003 ad oggi, ci è costata qualcosa come 2,6 miliardi di euro.

Del resto, nel 2016, Enrico Piovesana scriveva sul Fatto Quotidiano che non bisognava stupirsi se “Stato italiano investe ogni ora due milioni e mezzo di euro in spese militari, di cui mezzo milione solo per comprare nuove bombe e missili, cacciabombardieri, navi da guerra e carri armati”. E aggiungeva che “ogni anno si spendono almeno 23 miliardi di euro per le forze armate, di cui cinque solo per comprare nuovi armamenti”.

Opposizioni pronte a dar battaglia

Le forze politiche di opposizione – M5S, Lega, Liberi e Uguali e Sinistra Italiana – si preparano a dare battaglia su tali esborsi. In particolare per quanto riguarda la nuova missione nella ex colonia francese. Anche perché ci si aspettava per quest’anno una riduzione dei costi.

La spesa cui l’Italia si sottopone per sostenere queste missioni in terre straniere è rilevante. Basti pensare che dal 2009 al 2018 dalle nostre casse pubbliche sono usciti più di 10 miliardi di euro. “Qualcosa insomma – fa notare Tommaso Montesano su Libero – pari al doppio del cosiddetto buco INPS del 2017” calcolato in 5,8 miliardi. Facendo una breve riflessione si potrebbe dire che “la rinuncia a 5 o 6 anni di missioni all’estero rimetterebbe completamente a posto l’istituto di previdenza”. Giusto per fare un esempio, ovviamente. Ma per restare su un piano più realistico sarebbe probabilmente sufficiente ridimensionarle. Il periodo in cui si è speso di più pare sia quello tra il 2010 e il 2011 (1,4 miliardi anno). Dopo una lieve flessione i costi sono tornati in alto, oltre il miliardo, dal 2016. Ovviamente “si tratta di esborsi – precisa il giornale – non corrispondenti alle somme complessive che l’Italia utilizza per la Difesa (prima accennate). Queste infatti indicano solamente “quelle approvate dal nostro parlamento per le singole operazioni”.

Sull’argomento delle spese militari, c’è da scommetterci, si tornerà con l’accendersi della campagna elettorale. Anche perché a fronte dell’aumento del budget per la Difesa nello scorso anno (+3,4%) si è assistito al rimaneggiamento di quello per la sicurezza, come denunciava Enrico Piovesana facendo notare che quello per i carabinieri, per esempio, è sceso del cinque per cento.

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