 29 gennaio – ”Se stare nell’Unione europea vuol dire una corsa al ribasso di salari e tutele sociali allora è meglio starne fuori. L’Italia non sarĂ  mai il Bangladesh d’Europa”. Lo afferma in una nota il vicepresidente di CasaPound Italia Simone Di Stefano che boccia come ”indecente e inaccettabile” la proposta della proprietĂ  svedese di Electrolux di dimezzare gli stipendi negli stabilimenti italiani della societĂ  per allinearli a quelli polacchi, nel frattempo peraltro chiudendo la fabbrica pordenonese.
29 gennaio – ”Se stare nell’Unione europea vuol dire una corsa al ribasso di salari e tutele sociali allora è meglio starne fuori. L’Italia non sarĂ  mai il Bangladesh d’Europa”. Lo afferma in una nota il vicepresidente di CasaPound Italia Simone Di Stefano che boccia come ”indecente e inaccettabile” la proposta della proprietĂ  svedese di Electrolux di dimezzare gli stipendi negli stabilimenti italiani della societĂ  per allinearli a quelli polacchi, nel frattempo peraltro chiudendo la fabbrica pordenonese.
Secondo Di Stefano, ”le responsabilitĂ della disastrosa situazione in cui versa il sistema industriale italiano sono l’ovvia conseguenza della gestione di questo paese negli ultimi 20 anni da parte di una classe politica composta da camerieri dei poteri forti e dell’Ue, che continua ad abbassare la testa, non esitando a sacrificare il futuro del proprio popolo in nome di quei trattati che ci obbligheranno a pagare 50 miliardi da quest’anno”.
”Intervenire in questo sistema economico comatoso è fondamentale – prosegue il vicepresidente di Cpi – tagliare le tasse sul lavoro per favorire investimenti esterni, snellire la macchina farraginosa della burocrazia e rivedere le forme di alcuni contratti è una prioritĂ da affrontare, ma senza intaccare i diritti sociali dei lavoratori, sacrificati piĂą volte in nome di quella cosiddetta competitivitĂ , oramai divenuta sinonimo di precarietĂ . E’ inaccettabile che l’Italia diventi il Bangladesh d’Europa, un paese dove si vorrebbe produrre senza diritti sociali, senza regole ambientali e con un sindacato fantoccio e sterile nelle proposte. Occorre che lo Stato intervenga con urgenza nell’economia reale e riscopra il suo ruolo di attore principale per il bene della Nazione, sottraendosi al ruolo infame di esattore delle tasse di Bruxelles”.

 
                                     
                                    