Chat di Palamara contro Salvini sfiora l’eversione. Mattarella non può tacere

Di Francesca De Ambra – – «Chiunque usa violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ai singoli componenti o ad una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica Autorità costituita in collegio o ai suoi singoli componenti, per impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne comunque l’attività, è punito con la reclusione da uno a sette anni». È l’art. 338 del codice penale. E non sembra molto distante, quanto a configurabilità, dall’ormai famoso «Salvini ha ragione, ma ora occorre attaccarlo» chattato da Luca Palamara.

Palamara sul ministro indagato aveva detto: «Ora bisogna attaccarlo» – Ricordate? Il potentissimo leader di Unicost, crocevia dei traffici correntizi cui ricorrono le toghe per far carriera, aveva così risposto alle perplessità dal procuratore di Viterbo Paolo Auriemma, circa la decisione della procura di Agrigento di indagare per sequestro di persona Salvini per i fatti della nave Diciotti. All’epoca, agosto 2018, il leader leghista era, ancora ministro dell’Interno. Anche per questo, la censura non può essere solo deontologica. La chat di Palamara rivela infatti l’obiettivo agghiacciante, quasi eversivo, di eliminare per via giudiziaria un membro del governo. Il tentativo di derubricarla a mera birichinata è ridicola.

L’art. 338 del C.p. punisce l’attentato ad un Corpo politico dello Stato

Tanto più che, al pari di Auriemma, anche Palamara è convinto che Salvini non vada indagato. E pur tuttavia lascia prevalere questioni di opportunità “politica”, spiegabile con la circostanza che in quel momento che la sua Unicost è alleata della sinistra giudiziaria. È difficile non non cogliere in tutto questo un evidente obiettivo para-golpista. A dire che «Salvini va attaccato» non sono i suoi avversari politici, il che sarebbe legittimo. Ma magistrati, il che fa venire la pelle d’oca. Di fronte a questo sfascio, la ventilata riforma del Csm è solo un pannicolo caldo. Il verminaio, infatti, non è tanto deontologico quanto ideologico, cioè potenzialmente eversivo. È roba da codice penale. Speriamo se ne convinca anche il capo del Csm, il fin qui troppo silente presidente Mattarella.

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