Coronavirus, migranti in rivolta contro la quarantena in hotel di Alpignano

Di Irene Famà – Elisa Sola – ALPIGNANO. «È un periodo complesso. Non uscire è faticoso, ma ognuno deve avere senso di responsabilità». La funzionaria del commissariato Barriera di Milano, catapultata ad Alpignano per un servizio di ordine pubblico, cerca di riportare alla calma alcuni ‘‘profughi” ospiti dell’Hotel Parlapà. Le tensioni vanno avanti da una settimana, da quando all’interno della struttura è stato riscontrato un caso di positivo al Covid19, ora in isolamento. Nell’hotel, adibito a centro accoglienza, ci sono 250 migranti: nigeriani, gambiani, senegalesi.

Le proteste sono frequenti. Ieri per le sigarette. «Vogliamo il tabacco e il caffè. Adesso usciamo». Le teste più calde sono una decina. «Vogliamo andare in paese» dicono. Per loro, come per tutti in questo momento, capire l’importanza del «non uscire» non è facile

Eppure c’è chi riesce a scappare da buchi ricavati nella rete intorno all’hotel. Gli animi si accendono in fretta. «Io lavoravo. Ora non più. Devo stare qui tutto il giorno» spiega Bati, 27 anni, alla funzionaria di polizia. Lei, pazientemente, dà ascolto a tutti. Si fa raccontare storie e difficoltà, perché sa che in questo periodo una polemica per le sigarette è espressione di un disagio più grande. Di paura, di solitudine. Qualcuno si lamenta per il mangiare e per la salute. «Ora non si può uscire – ripete – Fate una lista delle richieste e vedremo cosa si può fare».  LA STAMPA

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