Vannini, Pg Cassazione: “Fu omicidio volontario, vicenda disumana. Nuovo appello”

Quello di Marco Vannini fu omicidio volontario e per questo è necessario un nuovo processo di appello. Questa la richiesta del procuratore generale Elisabetta Ceniccola al termine della requisitoria davanti alla Prima Sezione penale della Corte di Cassazione di Roma, dove questa mattina è iniziato il processo di terzo e ultimo grado sull’omicidio del ventenne avvenuto nel 2015 a Ladispoli, sul litorale a nord di Roma.

Pg Cassazione: “Annullare la sentenza” – Ceniccola chiede quindi di “annullare con rinvio ad altra sezione” la sentenza di secondo grado della Corte d’assise d’appello di Roma e che vengano accolti i ricorsi presentati dalle parti civili e dalla procura generale di Roma, mentre sono da rigettare quelli della difesa. “Si tratta di una vicenda gravissima per la condotta degli imputati e addirittura disumana considerati i rapporti con la vittima. Marco era un ospite in quella casa e come tale andava trattato“, ha detto nel corso della requisitoria il sostituto procuratore generale Ceniccola.

“Marco Vannini non è morto per il colpo di pistola ma per i 110 minuti di ritardo nell’allertare i soccorsi. Tutti per ben 110 minuti mantennero – ha sottolineato- una condotta omissiva menzognera e reticente. La gravità della situazione era sotto gli occhi di tutti loro. Se metto una bomba su un aereo non posso dire che non volevo far morire delle persone. Nel caso di Marco Vannini il proiettile è come la bomba di quell’aereo”.

Il tutto mentre davanti la Suprema Corte è andato in scena un sit-in fin dalla famiglia e degli amici del ragazzo ucciso per chiedere “giustizia e verità per Marco Vannini”.

L’omicidio di Marco Vannini e le condanne – Marco Vannini fu ucciso da un colpo di pistola nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 mentre era a casa della fidanzata a Ladispoli, sul litorale romano.

Nella giornata di oggi saranno presentati ricorsi presentati dalla procura generale di Roma, dai familiari della vittima, parti civili, e dalla difesa.

Punto centrale della vicenda è la sussistenza o meno del reato di omicidio volontario riconosciuto in primo grado ma non in appello, dove il sottufficiale della Marina Militare e padre della fidanzata di Marco Antonio Ciontoli, un anno fa, ha visto la pena ridursi da 14 a 5 anni.

Alla lettura della sentenza nell’aula quale giorno esplose la protesta dei familiari e degli amici di Marco: “La vita di Marco non può valere cinque anni”.

Tutti gli imputati erano in casa quando Vannini venne colpito mentre era nella vasca da bagno da un proiettile che dalla spalla arrivò fino al cuore, uccidendolo. Durante il dibattimento il capofamiglia, Antonio Ciontoli, aveva detto di essere stato lui a sparare al fidanzato di sua figlia spiegando però che il colpo sarebbe partito “per errore”.

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