Crisi demografica, al Sud nati 6mila bambini in meno

La popolazione dell’Italia ha smesso di crescere dal 2015, da quando continua a calare a ritmi crescenti, soprattutto nel Mezzogiorno dove lo scorso anno sono nati 6mila bambini in meno rispetto al 2017. Il Rapporto Svimez 2019 rileva che l’esaurimento del lungo periodo di transizione si è tradotto, infatti, in una vera e propria trappola demografica nella quale una natalità in declino soccombe a una crescente mortalità.

La crisi demografica e le emigrazioni accentuano i divari tra Sud e Centro-Nord. Dall’inizio del secolo a oggi la popolazione meridionale è cresciuta di soli 81 mila abitanti, a fronte di circa 3.300.000 al Centro-Nord. Nello stesso periodo la popolazione autoctona del Sud è diminuita di 642.000 unità, mentre al Nord è cresciuta di 85.000. Nel corso dei prossimi 50 anni il Sud perderà 5 milioni di residenti: -1,2 milioni sono giovani e -5,3 milioni persone in età da lavoro. A fronte di un Centro-Nord che conterrà le perdite a 1,5 milioni.

Secondo Svimez, le immigrazioni contribuiscono ad accentuare gli squilibri tra le due aree del Paese. Nel 2018 gli stranieri con 4,4 milioni, sono quasi l’11% della popolazione del Centro-Nord e solo il 4,4% di quella meridionale. Nel 2018 si è raggiunto un nuovo minimo storico delle nascite, poco più di 439 mila nati vivi, oltre 18 mila in meno rispetto al 2017. Nel Sud sono nati l’anno scorso quasi 157 mila bambini, circa 6 mila in meno del 2017. La novità è che il contributo garantito dalle donne straniere non è più sufficiente a compensare la bassa propensione delle italiane a fare figli. Il peso demografico del Sud continua a diminuire e ora è pari al 34,1%.

In tutti gli scenari previsti, il Pil italiano, ipotizzando una invarianza del tasso di produttività, diminuirebbe nei prossimi 47 anni a livello nazionale da un minimo del 13% ad un massimo del 44,8%, cali di intensità differenti interesserebbero il Nord e il Sud del Paese: si ridurrebbero così le risorse per finanziare una spesa pubblica in aumento per il maggior numero di pensioni e per l’assistenza sociale e sanitaria.   (Adnkronos Salute)

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