Ospizio lager a Mondaino, proprietaria già condannata nel 2010

Lasciati per giorni con le piaghe da decubito, sedati così da restare calmi, oppure abbandonati a se stessi anche se incapaci di deambulare, nutriti male e poco, lavati ancora meno. Erano trattati così gli anziani ospiti della casa di riposo “La Collina” di Mondaino, dove in mattinata hanno fatto irruzione i carabinieri del Nas di Bologna che hanno dato esecuzione ad un’ordinanza del gip del Tribunale di Rimini, Vinicio Cantarini, su richiesta del sostituto procuratore, Paolo Gengarelli. Due le persone arrestate: Maria Luisa Bulli 57 anni, proprietaria della casa di riposo, accompagnata dai militari in carcere a Forlì e l’infermiere Riccardo Bruno 56 anni originario di Foggia, finito ai domiciliari. Indagati e colpiti da obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, anche cinque dipendenti; una 48enne di origine bulgara, un 33enne di Pesaro, un 27enne di Napoli, una 38enne albanese e un infermiere 52enne di origine senegalese. Per tutti, i reati contestati sono maltrattamento e abbandono di incapaci.

Il racconto shock della cuoca – “Là dentro era un disastro – ha raccontato Daniela, una 45enne che per tre mesi è stata la cuoca presso la casa di riposo – c’era da mettersi le mani nei capelli, ho visto gente arrivare arzilla e dopo qualche settimana non si riconosceva più”. Daniela è felice si sia riusciti a metter fine a quell’inferno: “Spero che venga trattata come lei trattava quei poveri anziani”, dice un riferimento specifico alla proprietaria della struttura. E ad aver liberato quei poveretti, andando dritta dai carabinieri per denunciare quanto accadeva, è stata proprio lei.

Costretti a mangiare carne “verde”

Gli anziani presenti erano 36, due sono stati ricoverati in Ospedale perché debilitati. Anche il mangiare, infatti, era pesantemente razionato. La domenica, racconta Daniela, “avevo quattro polli per sfamare tutti gli anziani. C’erano giorni che non sapevo cosa dare loro da mangiare, ho visto gente deperire. Non c’era niente per garantire agli ospiti della struttura elementi sani ed equilibrati, il menù dettato dall’ausl non veniva mai rispettato. Che fossero diabetici o avessero altri problemi. ‘Dagli meno pasta e meno pane’ mi diceva la Bulli. Per non parlare dei quintali di pane raffermo, badilate di pane secco che non riuscivano a masticare perché molti di loro non hanno nemmeno i denti”. E se il pane non era di giornata le condizioni degli altri alimenti non erano certo migliori. Stando al racconto della ex cuoca, pubblicato su diversi quotidiani nazionali, “capitava anche in piena estate che il frigorifero fosse spento dalla sera prima, la carne era verde. Io dicevo ‘buttiamo via tutto e andiamo a fare la spesa’. Ma lei rispondeva ‘no, fai con quella’. Stessa cosa con la verdura. Il mangiare era sempre centellinato. A mezzogiorno era anche peggio”.

Una gestione disumana

E poi l’utilizzo massiccio di psicofarmaci. Gli ospiti della struttura venivano imbottiti di medicinali: “A quei poveretti gli cadeva la testa sul piatto”. La cuoca più volte si lamentò di quella gestione disumana, del degrado e delle condizioni igieniche ma nessuno le dava retta. “Ho protestato, ho protestato più volte – sottolinea – ma non serviva a niente. Io dovevo lavorare per mantenere i miei figli, ma alla fine non ce l’ho fatta più. Sono scappata via dalla disperazione e sono andata dai carabinieri”. La condizione degli anziani era nota a tutti i dipendenti, che infatti cambiavano continuamente. “La gente resisteva un po’ e poi se ne andava. Quello che più colpiva era come erano trattati gli anziani ospiti, abbandonati a se stessi, lasciati in mezzo ai loro escrementi. Una notte li hanno fatti alzare alle due per fare le pulizie. Questa era ‘La Collina’.

Autorizzazione concessa con troppa leggerezza

Ma c’è una domanda a cui non riesco a dare una risposta”. Daniela si domanda però come sia stato possibile per la titolare della struttura, visti i suoi precedenti, riuscire ad ottenere le autorizzazioni per occuparsi ancora degli anziani. “Sulla persona di Maria Luisa Bulli ricade l’ideazione, la programmazione e l’attuazione della condotta delittuosa”, scrive nell’ordinanza il gip Cantarini -. Il carcere si giustifica non solo dalla condotta delittuosa “che si protrae da anni ma anche e soprattutto in considerazione della sua pervicacia criminale, dimostrata nell’avere intrapreso tale condotta nonostante nel 2010, abbia subito una condanna in Appello per analoghi reati”. La struttura di Mondaino all’epoca della prima indagine era intesta alla madre della Bulli, ma furono indagati lei e il fratello. In Corte d’Assise a Rimini, a processo per la morte di una paziente, conseguente a maltrattamento, la Bulli fu condannata a 14 anni di reclusione. Pena che in Appello fu ridotta a 2 anni e 9 mesi. I giudici bolognesi abbassarono la pena per Bulli perché la morte di un’anziana ospite, alla quale la donna tappò il naso per farle aprire la bocca e costringerla a mangiare, fu giudicato un omicidio colposo.

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