Modello Riace, “veniva fatta la cresta perfino sulle spese di carburante”

Una manina amica negli uffici del ministero dell’Interno. Amica di Mimmo Lucano, il sindaco di Riace accusato dalla procura di Locri di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, una manina che avrebbe aiutato il primo cittadino calabrese a portare avanti i suoi progetti di sostegno ai migranti.

Lo sostiene la Verità, che spiega come i magistrati stanno indagando per provare a capire se anche negli ministeriali e prefetture, come sospettano, qualcuno lo abbia aiutato a sveltire le pratiche anche quando le rendicontazioni dei progetti, tra gli altri dell’associazione “Città futura” per la quale lavorava la compagna di Lucano, erano carenti o addirittura assenti.

“Il sistema Riace”, scrive la Verità, “stando alle accuse si reggeva su rendicontazioni farlocche delle presenze degli immigrati, che ne attestavano una quota maggiore rispetto a quella reale, tanto da produrne, hanno stimato i magistrati, un vantaggio patrimoniale pari a oltre due milioni di euro, ma anche sulla gestione non limpida delle derrate alimentari che dovevano essere destinate ai migranti e che invece sarebbero finite nei magazzini di qualcuno.

Secondo la Procura”, prosegue la Verità, “veniva fatta la cresta perfino sulle spese di carburante e sulle prestazioni lavorative, a volte coperte da fatture taroccate e a volte fatturate nonostante le prestazioni fossero inesistenti”. Ora i magistrati vogliono capire se e dove stavano le manine amiche di Lucano. affaritaliani.it

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