Nasce la Procura UE. Potrebbe decidere su Italia e immigrazione

Un altro pezzo di sovranità nazionale se ne va. La giustizia finisce in mano ai tecnocrati?

di Antonio Amorosi

Salvini è nel mirino della magistratura? Se lo sono chiesti in tanti dopo che è finito sotto indagine per il blocco della nave Diciotti che trasportava migranti.

Ma potrebbe andare peggio e forse andrà molto peggio. Pochi sanno che nel silenzio generale l’Italia rischia di perdere la sua sovranità anche in campo penale. E’ da diversi giorni che si stanno tenendo le riunioni preparative per il prossimo Gai, sigla poco nota al grande pubblico e che indica il Consiglio europeo di giustizia e Affari interni. Obiettivo è il lancio della nuova Procura europea (EPPO, che sta per European Public Prosecutor Office). “Un vero ufficio di procura addetto a condurre indagini penali”, su scala europea, ha spiegato sul sito di Magistratura indipendente Andrea Venegoni, giurista addetto all’ufficio del Massimario e del ruolo della Corte di Cassazione, “non un ufficio di coordinamento, quindi, come Eurojust; non un ufficio per indagini amministrative, come l’OLAF, ma, appunto, un ufficio di indagini penali.”

E qui viene il punto. Completamente operativa entro la fine del 2020, la Procura europea dirigerà le indagini a livello centrale, indipendentemente dal luogo europeo in cui è stato commesso il reato. Una procura indipendente europea composta da magistrati aventi la competenza di individuare, perseguire e rinviare a giudizio gli autori di reati a danno del bilancio dell’UE, inizialmente come la frode, la corruzione o le gravi frodi transfrontaliere in materia di IVA. La Procura europea sarà responsabile delle indagini e dirigerà le autorità dei diversi Stati membri. In queste ore si sta discutendo di ampliarne le competenze facendola intervenire nel campo della lotta al terrorismo. E si è passati a parlare anche di immigrazione come una delle materie su cui la Procura dovrà intervenire. Il tema è caldo e abbiamo già visto quanto le scelte del governo italiano siano invise ai partner europei, dedicati a perseguire i proprio interessi economici e geopolitici.

Se un domani un magistrato europeo individuasse nelle scelte politiche italiane un qualche reato a danno dei migranti, o di chi per loro, potrebbe indagare Salvini o chiunque altro bloccando l’azione legittima di un governo democraticamente eletto, con conflitti giuridici e blocchi di ogni decisione nazionale. Avete capito bene.

E chi ha deciso tutto questo? 22 gli Stati membri dell’UE che hanno delegato la propria sovranità alla Procura europea: Italia, Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Germania, Grecia, Spagna, Finlandia, Francia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovenia e Slovacchia.

Un secco no è invece arrivato da Danimarca, Irlanda, Polonia, Svezia e Ungheria che hanno deciso di non volere la Procura europea sui propri territori. Delle limitazioni ai nuovi magistrati sono stati inseriti anche dai Paesi Bassi che è uno dei Paese fondatori dell’UE. Quindi si poteva evitare questa ennesima ingerenza, unendosi agli Stati che si sono opposti, come la democraticissima Svezia.

Il 12 settembre 2018, in occasione del discorso sullo stato dell’Unione, il presidente Jean-Claude Juncker ha dichiarato: “Gli europei si aspettano che l’Unione europea li protegga”. A lui si è aggiunto con dichiarazioni simili il Commissario per il Bilancio Günther H. Oettinger, quello che qualche mese fa disse: “I mercati spingeranno gli italiani a non votare per i populisti”.

L’introduzione della procura europea è regolata dall’articolo 86, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) che prevede la possibilità di estendere le competenze della Procura mediante la modifica dell’articolo 86 del trattato stesso, allo scopo includere tra le sue le attribuzioni i reati gravi che colpiscono più di uno Stato membro. Questa decisione deve essere presa all’unanimità da tutti gli Stati membri partecipanti alla Procura europea e dagli altri, previa approvazione del Parlamento europeo e previa consultazione della Commissione.

Ma secondo il numero 10 del 2017 della rivista di giuristi italianiDiritto penale contemporaneoper le modifiche si può ricorrere ad “una speciale procedura di cooperazione rafforzata con la partecipazione di ‘almeno’ 9 Stati membri, derogando anche alla oramai generalizzata procedura di codecisione in favore della semplice ‘approvazione’ da parte del Parlamento europeo”. Cioè bastano 9 Stati per ampliare le materie di intervento della Procura europea. L’EPPO avrà sede in Lussemburgo.

L’avvocato Massimo Melica esperto di e-government, e-crime ed e-security ha commentato così il caso ad Affaritaliani: “Una norma aperta, come quella alla base del Procuratore federale europeo, può generare pericolose interferenze sia nella giurisdizione sia nella gestione politica di ciascun stato membro. Ci troviamo davanti a scelte di governance in cui occorre avere una visione e applicazione futura della norma affinché non incrini i principi e i valori giurisdizionali della nostra Costituzione”.

“Il rischio di intromissione è altissimo”, ha dichiarato il deputato della Lega Gianluca Vinci, “ci può essere davvero una deriva giustizialista. Chi comanda nell’Ue attualmente non persegue certo gli interessi italiani. E poi abbiamo visto quanto è opinabile l’intervento della magistratura italiana contro Salvini. Ora sommarci quella europea diventa un problema per la legalità nel nostro Paese. Bisogna trovare misure urgenti per bloccare o ridimensionare questa attività che rischia di trasformare una legittima azione repressiva contro il terrorismo in una lotta politica contro l’Italia.

www.affaritaliani.it

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