Trafficanti e Ong: il governo sapeva, Zuccaro ne parlò in sede istituzionale

Anche se il governo e gran parte dei politici italiani stanno facendo i finti tonti, non c’è alcun mistero nella denuncia fatta dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro sul ruolo ambiguo di alcune Ong nel salvataggio dei migranti che vengono dalla Libia.

I servizi segreti tedeschi e olandesi hanno intercettato le comunicazioni fra alcune delle 14 navi appartenenti a varie Ong tedesche, maltesi e spagnole e chi sulla costa libica stava facendo partire i gommoni dei migranti. Grazie a quelle intercettazioni si sa che dopo poche miglia di viaggio quei gommoni in piene acque territoriali libiche venivano intercettati dalle imbarcazioni delle Ong che nel frattempo aveva spento i trasponder per non essere più localizzabili dalla struttura della guardia costiera italiana. Gli stessi trasponder venivano successivamente riaccesi una volta «salvati» i migranti solo in acque internazionali, e a quel punto dalle imbarcazioni delle Ong partiva la chiamata al sistema Mrcc di Roma (il Centro di coordinamento per il salvataggio marittimo) per segnalare un salvataggio imminente che in realtà era già avvenuto da tempo.

I servizi segreti tedeschi e olandesi nei loro rapporti oltre al contenuto delle intercettazioni hanno anche ricostruito con fonti confidenziali (alcuni dei migranti partiti con quei gommoni) il tipo di istruzioni ricevute in partenza e i numeri di telefono consegnati per chiamare aiuto, che inequivocabilmente appartenevano all’equipaggio delle imbarcazioni delle Ong. Quei rapporti non sono utilizzabili nell’inchiesta penale italiana, e Zuccaro altro non ha fatto che segnalare il tema contenuto in quei rapporti degli 007 di altri paesi. Lo ha fatto prima riservatamente per le vie brevi ad altre autorità istituzionali, e vista l’assenza di qualsiasi segnale di risposta, lo ha ripetuto pubblicamente (la prima volta ancora in una sede istituzionale come era la commissione bicamerale su Schengen presieduta da Laura Ravetto) nella speranza che si muovesse qualcuno consentendogli di avviare una indagine penale secondo i crismi della legge. La speranza – per chiarirci – che le stesse indagini e le stesse intercettazioni venissero replicate dai servizi italiani in modo da avviare procedure formali per acquisirle mettendo poi in moto la polizia giudiziaria.

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Non è accaduto nulla invece, e il risultato è che stanno facendo capire in ogni modo – anche brusco – a Zuccaro che non deve occuparsi proprio di quel che sta avvenendo all’interno delle acque territoriali libiche. Il governo preferisce dunque non sollevare troppo il velo su quel che sta avvenendo in quell’area, e sembra incomprensibilmente più preoccupato di difendere il buon nome di organizzazioni non governative che oltretutto non hanno sede in Italia piuttosto che avere elementi su un possibile accordo fra alcune di loro e gli scafisti per riempire l’Italia di migranti.

Ma c’è anche un altro governo che sembra non preoccuparsene del tutto: quello libico. Certo in questo caso già la parola «governo» sembra grossa. Fatto sta che non si occupano della vicenda né chi dovrebbe controllare il territorio vicino a Tripoli, quel Fayez al Sarraj che guida l’esecutivo riconosciuto dalla comunità internazionale, né chi con maggiore forza controlla gran parte della costa libica (quella orientale, ma si spinge anche più ad occidente), il generale Khalifa Haftar. In fondo è la sovranità libica sulle acque territoriali che viene violata in un paese che di fatto è ancora in guerra e ha un controllo militare sia di terra che di acqua. Anche loro non sono mai intervenuti a difesa delle proprie acque territoriali. Nemmeno dopo la firma del quarto accordo con l’Italia sui migranti, quello preparato da Matteo Renzi e sigillato da Paolo Gentiloni (che seguivano i vari a firma di Berlusconi, Monti ed Enrico Letta). C’è un elemento, secondo indiscrezioni che vengono proprio da ambienti dei servizi segreti italiani, che spiega questo scarso interesse a quello di cui pervicacemente sta cercando di occuparsi il procuratore Zuccaro: a chiamare le Ong non sarebbero gli scafisti o degli elementi della criminalità locale, ma militari libici. Non è chiaro se siano appartenenti alla guardia costiera del governo riconosciuto, o se miliziani dell’uno o dell’altro fronte. Ma la risposta in Libia si sa. E la si conosce anche a Roma. Questa spinta ai viaggi dei migranti verso l’Italia utilizzando non si sa con quale consapevolezza le Ong affluite in quell’area avrebbe ragioni più politico-diplomatiche che di comune criminalità.

È il modo libico di protestare per la scarsa affidabilità dell’Italia nella firma di quegli accordi. Da un lato per non avere cercato intese su entrambi i fronti, quando gran parte del territorio è in mano ad Haftar. Dall’altro per non avere né in passato e nemmeno in queste settimane rispettato i patti non inviando gli aiutieconomici concordati, né i mezzi operativi previsti per il controllo delle coste. Vero che la situazione è piuttosto ingarbugliata, e che l’ultimo accordo con l’Italia è stato bocciato dal parlamento di Tripoli e impugnato con successo anche in un tribunale. Ma da un lato al Sarraj aveva dato assicurazioni che il pattugliamento sarebbe stato in ogni caso possibile, e dall’altro aveva fatto conoscere al governo italiano la sua irritazione per i continui e stretti contatti che in questi mesi ci sono stati fra il generale Haftar e il direttore dell’Aise (i servizi italiani), Alberto Manenti.

Il governo italiano pensava di avere risolto le tensioni (e la vicenda dei migranti ne sarebbe solo una sorta di avviso di garanzia) per avere promosso a Roma il 21 aprile scorso, con l’inviato speciale dell’Onu Martin Kobler un incontro chiarificatore e di pace fra due esponenti dei fronti contrapposti, Abdulrahman AlSwehli, presidente dei deputati del Consiglio di Stato di Tripoli e Aguila Salah Issa, presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk. È stato un buco nell’acqua, e per le poche aperture fatte il povero Salah Issa è stato sconfessato appena arrivato in patria. Ogni insuccesso diplomatico sembra che ci costi qualche invio di barconi, con o senza la complicità delle Ong.

Franco Bechis – libero quotidiano

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