17 ott – Il governo della Libia ha chiesto alla maggior parte delle comunità religiose cattoliche di andarsene dal paese perché non è più in grado di garantire la loro sicurezza. A darne notizia l’arcivescovo di Rabat (Marocco) Vincent Landel, presidente della Conferenza episcopale delle regioni del Nord Africa. I cristiani in Libia sono pochissimi, per lo più copti egiziani che lavorano nel paese. Esistono invece diverse congregazioni di religiosi e religiose che offrono il loro aiuto nell’ambito sanitario.
«SOFFERENZA TERRIBILE». Ha dichiarato monsignor Landel: «La mancanza di sicurezza che prevale in Libia ha avuto come conseguenza la richiesta da parte del governo che le comunità religiose, soprattutto quelle che lavorano nella sanità , lascino il paese». Il Vicario apostolico di Tripoli, monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli (nella foto), ha commentato così la richiesta: «Non pensavo che un giorno in Libia avremmo dovuto affrontare questa situazione. Ci hanno chiesto di andarcene ed è una sofferenza terribile. Anche se non comprendo il disegno di Dio, coi fratelli e sorelle che resteranno qui, cercheremo di mantenere viva la speranza».
CRISTIANI SOTTO ATTACCO. La Libia è in uno stato di completa confusione e instabilità . Due settimane fa il premier Ali Zeidan è stato sequestrato da gruppi armati e l’esercito è troppo debole per garantire la sicurezza nel paese. I cristiani nel paese sono continuo oggetto di attacchi: a fine settembre due cristiani sono stati uccisi da banditi dopo che hanno rifiutato di convertirsi all’islam. A marzo decine di copti sono stati arrestati a Bengasi, la roccaforte dei ribelli, accusati di proselitismo. Inoltre una chiesa è stata assaltata e incendiata a marzo e un’altra attaccata da uomini armati a febbraio. A inizio 2013, infine, diversi ordini religiosi hanno abbandonato i loro conventi, dopo 40 anni di missione.
