Lo Stato ha chiesto al centro sociale Leoncavallo un risarcimento pari a tre milioni di euro
La storia è questa: a novembre scorso la Corte d’Appello di Milano ha condannato il Viminale al pagamento di tre milioni di euro alla famiglia Cabassi, proprietaria dell’area dove si trova il Leoncavallo ormai da anni. Quel pagamento simboleggiava la copertura delle perdite che i Cabassi avevano subìto a causa dell’occupazione del proprio stabile da parte del centro sociale, passato anni fa da via Leoncavallo a via Watteau. Perdite di cui, in qualche modo, il Tribunale ha attribuito le colpe allo Stato per non essere stato ‘in grado’ di sgomberare l’area.
Ora, però, è lo Stato a richiedere al centro sociale, e più nello specifico a Marina Boer, presidente dell’Associazione mamme antifasciste del Leoncavallo, quei soldi. La notizia è stata pubblicata anche sulla pagina Instagram del centro sociale. In un lungo post il Leonka spiega che l’avvocatura dello Stato ha notificato l’ingiunzione di pagamento a Boer “altrimenti le saranno pignorati tutti i suoi (pochi) beni materiali”. Il gruppo si è detto pronto a difenderla in ogni modo.
“Il Leoncavallo è una storia collettiva e non è responsabilità della presidente delle Mamme Antifasciste. La responsabilità di questi ultimi 30 anni di storie straordinarie fatte di lotte, musica e accoglienza è di tutti noi, della città di Milano. Il Leoncavallo è storia di tutte le persone che l’hanno attraversato, legittimato e anche odiato”, si legge sui social.
Il prossimo sfratto
Contestualmente avverrà un nuovo tentativo di sfratto, previsto per il 15 luglio: “Governo, Prefettura e Questura vogliono lo sfratto e lo vogliono in tempi rapidi. Il Comune si dice disponibile ad agevolare un passaggio verso un’altra sede, ma San Dionigi è un orizzonte lontano, attualmente inabitabile, molto, troppo amianto per i tempi dati”, scrive il Leonka.
Nei mesi scorsi, infatti, il Comune di Milano aveva iniziato a pianificare il possibile trasferimento del centro sociale in uno stabile di proprietà di Palazzo Marino dato in concessione al Leonka. Era stato individuato un capannone a due passi da Porto di Mare, in via San Dionigi, per cui a marzo lo l’Associazione mamme antifasciste aveva presentato manifestazione d’interesse preliminare con richiesta di sopralluogo. La situazione è in stallo da mesi da un lato perché non si tratta affatto di un procedimento semplice, anche perché per affidare lo stabile al Leoncavallo bisogna provvedere a bonifiche o eventuali ristrutturazioni anche di base. E chi pagherebbe questi lavori?
Dall’altro lato la destra cittadina, che da sempre si oppone alla presenza del Leoncavallo, anche in questo caso si era detta particolarmente contraria. “Ci siamo sempre opposti a qualsiasi forma di trattativa con queste realtà che nascono e sono cresciute come illegali e non possono ricevere sul territorio e dall’Amministrazione comunale alcuna forma di legittimazione”, aveva fatto sapere il capogruppo di FdI in Consiglio comunale, Riccardo Truppo.
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