Nigeria, Amnesty: massacri di cristiani causati dai cambiamenti climatici

Negli ultimi tre anni almeno 3.641 persone sono morte in Nigeria nel conflitto tra pastori musulmani Fulani e agricoltori cristiani. Lo ha denunciato Amnesty International in un interessante rapporto (“Harvest of Death: Three Years of Bloody Clashes Between Farmers and Herders”) pubblicato qualche mese fa. Nel prezioso documento si sottolinea come il conflitto si sia intensificato nel 2018 e come le autorità non facciano nulla o quasi per fermare o prevenire «stragi, vandalismi e incendi di case e villaggi». Tra il 5 gennaio 2016 e il 5 ottobre 2018 sono stati lanciati 310 attacchi, soprattutto negli Stati della fascia centrale del paese. Il rapporto parla di villaggi distrutti, religiosi bruciati vivi, donne e bambini fatti a pezzi in assalti condotti con armi sofisticate come kalashnikov e lanciarazzi. Viene anche documentata l’inerzia, spesso complice, delle forze di sicurezza.

«LA RELIGIONE NON C’ENTRA» – – Il rapporto di Amnesty International sottostima sicuramente il numero delle vittime, ma è ugualmente importante per accendere i riflettori su un conflitto sanguinoso, ma dimenticato dalla maggior parte della stampa internazionale. C’è però un problema: fin dalle prime pagine il rapporto afferma con certezza che «i conflitti sono diventati particolarmente ferali a causa del peggioramento delle condizioni ambientali, che hanno obbligato gli allevatori a muoversi verso sud» alla ricerca di terreni. «La scarsità di risorse e la competizione soprattutto per la terra, l’acqua e i pascoli», dovute ai cambiamenti climatici, «costituiscono una delle principali cause degli scontri». Osai Ojigho, direttore di Amnesty International Nigeria, aggiunge anche che «questo conflitto non ha niente a che fare con la religione».

«ISLAMIZZARE LA NIGERIA»

Non è chiaro come i ricercatori possano affermare con tale apodittica certezza che la religione non c’entri con le stragi. Le vittime dei musulmani Fulani, infatti, si sono fatte un’altra idea degli “scontri”. Presentando un rapporto sul massacro di 646 cristiani in otto mesi nel solo Stato di Plateau, il reverendo Dacholom Datri, presidente della Chiesa di Cristo in Nigeria (Cocin), ha dichiarato al presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, anch’egli di etnia Fulani e accusato di complicità: «La narrativa che va per la maggiore è quella di uno scontro tra agricoltori e allevatori. Ma questa è solo una scusa inventata per nascondere la verità e continuare a perpetrare il male». La verità è che i musulmani Fulani che stanno massacrando i cristiani non sono «assalitori sconosciuti» o semplici allevatori ma «membri di milizie» armati di tutto punto: «Fucili sofisticati, kalashnikov, lanciarazzi, che usano per attaccare e uccidere i cristiani. Solo dopo gli attacchi i Fulani fanno pascolare il loro bestiame sui campi».

La Chiesa cattolica nigeriana, nella persona del vescovo di Makurdi, monsignor Wilfred Chikpa Anagbe, ha denunciato inoltre «un’agenda precisa, un chiaro tentativo di islamizzare tutte le aree a maggioranza cristiana della Middle Belt nigeriana». Il prelato si chiede anche «chi finanzi i Fulani, visto che attaccano con armi troppo sofisticate per dei pastori». Il National Christian Elders Forum ha anche avvisato che «il cristianesimo in Nigeria è vicino all’estinzione. Potremmo essere noi l’ultima generazione di cristiani del paese se non cambieranno le cose».

Anche per l’ex presidente della Nigeria, Olusegun Obasanjo, «non si possono negare le violenze contro i cristiani. Gli scontri con gli agricoltori cristiani sono cominciati così: gli allevatori cercano terre e acqua dove far pascolare le vacche, occupano le terre degli agricoltori e poi quando gli agricoltori reagiscono, gli allevatori si vendicano. Ma una volta non avevano armi automatiche, ora sì. Il problema principale è chi gli dà le armi. Gli allevatori non possiedono il bestiame che pascolano ma chi dà loro il bestiame adesso fornisce anche le armi. Queste persone sono responsabili».

Per concludere, anche l’arcivescovo anglicano di Jos, monsignor Ben Kwashi, ha criticato la vaga narrazione degli “scontri”: «Non è giusto parlare di conflitto tra cristiani e musulmani. Sono loro che ci attaccano e ci uccidono».

Ben venga dunque il rapporto di Amnesty International per mettere pressione al governo nigeriano perché si impegni per fermare la strage in atto. Ma servirebbe più coraggio, e meno ideologia, quando si indagano le cause: per quanto il tema della scarsità  di terra e acqua contribuisca a scatenare la violenza, come affermato da tutti, non sono i cambiamenti climatici che hanno portato al massacro dei cristiani in Nigeria negli ultimi tre anni. In alcun modo una disputa sul possesso di un terreno può trasformarsi, come avvenuto a giugno, nell’attacco coordinato da parte dei musulmani Fulani di 10 villaggi. L’assalto è durato 48 ore, durante le quali le autorità non sono intervenute per fermare la strage, e i pastori erano armati di kalashnikov e lanciarazzi. Sono morti in tutto più di 200 cristiani e un deputato della zona ha parlato di «olocausto doloroso, pulizia etnica e genocidio del mio popolo». Una violenza difficile da spiegare in modo esaustivo usando solo la lente climatica.

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