“È inaccettabile, offensivo e profondamente ingiusto pensare, come è stato insinuato, che se la sia quasi cercata, per il semplice fatto di essersi fatta avvicinare da uno sconosciuto, in quel locale”.
Ad un mese dal delitto la famiglia di Ashley Olsen rompe il silenzio. Con un lunga lettera pubblicata dal Corriere della Sera, Walter Paula e Gabrielle, il papà la madre e la sorella della 35enne, prendono le distanze dalle inesattezze “messe in circolazione dall’indagato e da parte della stampa”.
Affermazioni che hanno dipinto un quadro di Ashley “molto lontano dalla verità” e non rendono “giustizia ai suoi valori ed a ciò in cui lei ha sempre creduto”.
Di quella sera, scrivono i familiari, conosciamo solo “le poche informazioni divulgate finora dalla Polizia”. Troppo poco per dare giudizi sulla vita di Ashley che invece “era conosciuta come una persona fedele e monogama”. Non solo. I familiari rivelano anche un dettaglio che potrebbe rivelarsi importante ai fini delle indagini:
Sappiamo che nei giorni prima della sua morte, stava facendo una cura medica per una infezione del tratto urinario che le avrebbe impedito di avere rapporti sessuali consenzienti. In aggiunta, se è vero (come dicono le Autorità) che Ashley aveva bevuto e assunto altre “sostanze” che la avevano resa non pienamente capace di intendere e di volere, allora deve dirsi chiaramente che qualsiasi tipo di rapporto avuto quella notte, non sia stato consensuale. Quindi non è vero che ci fu sesso “consenziente”, quella notte.
I familiari dicono di aver fiducia nelle forze dell’ordine e che “giustizia sarà fatta”.
“Sebbene non possiamo far tornare in vita Ashley, possiamo mantenere in vita la sua eredità come persona gentile e dal cuore puro”.