Non solo cervelli in fuga, è allarme minorenni che emigrano per lavorare

giovani5 luglio – Ricercatori e laureati non sono gli unici che lasciano l’Italia per lavorare. Accanto a loro ci sono sempre più diplomati e, soprattutto, i loro ‘fratelli minori’. Ovvero, ragazzini che dopo la licenza media lasciano il Paese per andare all’estero, chi seguendo la famiglia e chi per cercare lavoro. Un tuffo nel passato, in quella stagione che vedeva gli italiani emigrare in massa per cercare fortuna all’estero. E per la Fondazione Migrantes, questo nuovo aumento di minorenni che lasciano l’Italia è un “campanello d’allarme”, un fenomeno recente che deve essere studiato. A dirlo è Delfina Licata, curatrice del Rapporto Italiani nel mondo della Fondazione Migrantes (video nel notiziario Dire in abbonamento), oggi a Bologna per il convegno sulla nuova emigrazione italiana organizzato dalla Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo.

In una decina d’anni, dal 2001 al 2011, i minorenni con licenza media che hanno lasciato l’Italia “sono passati dallo 0,1% al 24%- sottolinea Licata- è un dato che va scientificamente accertato e analizzato nelle sue caratteristiche, se sono minorenni accompagnati dalle famiglie o se sono ragazzi con licenza media che si spostano, in prevalenza dalle regioni del sud Italia verso la Svizzera e la Germania alla ricerca di posti di lavoro, così come avveniva diversi anni fa, in un momento in cui l’Europa ha difficoltà di inserimento lavorativo”. Quindi occorre “verificare che tipo di spostamenti sono”. In parallelo aumentano anche i diplomati, che rappresentano il 27% dei giovani che espatriano. “Ma fra loro- segnala Licata- l’83% ha provato a frequentare l’Università, ma poi ha abbandonato gli studi per andare a lavorare all’estero. E questo è grave”.

Secondo gli ultimi dati disponibili dell’Istat, il fenomeno dell’emigrazione italiana si conferma in netta crescita. “Le iscrizioni alle anagrafe, di persone rientrate, sono scese dalle 31.000 nel 2012 alle 28.000 del 2013- spiega Licata- mentre le cancellazioni sono passate dalle 68.000 del 2012 alle 82.000 del 2013”. Nell’ultimo biennio, la maggior parte delle partenze si è registrato da Lombardia e Veneto (segue la Sicilia), “ma è probabile che si tratti di persone che vanno all’estero dopo un percorso migratorio interno, dal sud al nord Italia”. Tra il 2012 e il 2013, inoltre, “sono in parte cambiate le rotte degli italiani che vanno all’estero- spiega ancora Licata- c’è un aumento dell’8,6% di emigrati verso l’Asia, tra cui mille persone hanno preso residenza in Cina”. Sempre alta resta comunque l’emigrazione verso l’America (+4%).

“Dobbiamo però sfatare un mito- avverte Licata- i dati sugli italiani nel mondo sono incompleti”. Gli iscritti all’Aire (l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero) sono oltre 4,3 milioni, ma i ricercatori che si occupano di studiare il fenomeno stimano che siano almeno il doppio, perchè l’Aire non riesce a intercettare soprattutto i giovani che spesso si spostano da un Paese all’altro, per motivi di studio o lavoro, e non si iscrivono all’anagrafe. Secondo l’Aire, nel 2012 gli emiliano-romagnoli nel mondo erano circa 150.000, con 7-8.000 nuove iscrizioni in media ogni anno.

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