Chiamano la sindaca ‘signorina’, bufera in consiglio comunale: “Linguaggio maschilista”

Maria Rosaria De Bartolomeo

Definire “signorina” una donna che ricopre, per altro, un ruolo istituzionale può rivelare l’intento offensivo di chi pronuncia, o scrive addirittura in una interpellanza, questo termine. Politicamente (e non solo) scorretto è stato considerato dalla presidente della commissione pari opportunità della Provincia di Lecce, Anna Toma, l’atteggiamento del gruppo consiliare di opposizione di Veglie, guidato da Giuseppe Landolfo, candidato sindaco sconfitto pochi mesi fa proprio dalla progressista Maria Rosaria De Bartolomeo.

Dai banchi del gruppo “Veglie di tutti” è partito il riferimento, durante una discussione consiliare, alla “signorina” De Bartolomeo. Che, evidentemente, non è coniugata ma ha colto in questo termine un intento gratuito e canzonatorio ed il proposito di colpirla nel ruolo e nella persona.

Il riferimento si ritrova in una interpellanza letta in Consiglio comunale che riguarda l’indennità percepita dalla sindaca. Ma c’è un siparietto sconosciuto ai più: durante la lettura della stessa, la consigliera di minoranza che presentava il documento ha omesso, sulle prime, di leggere proprio l’oggetto nel quale c’era il riferimento allo “stato civile” della prima cittadina. Forse vergognandosene persino, da donna, e rendendosi conto della gaffe. Poi, incalzata dalla maggioranza a rendere esplicito l’oggetto dell’interpellanza, ha pronunciato quell’antipatico “signorina”.

Per questo motivo Anna Toma, presidente del Cpo provinciale, informata dell’accaduto ha stigmatizzato il fatto con una lettera indirizzata proprio al gruppo della destra cittadina: “la dialettica politica non può divenire strumento asservito agli stereotipi di genere”. Da ciò, di conseguenza, l’invito ai consiglieri di “Veglie di tutti” a collaborare dal punto di vista istituzionale per promuovere le politiche della parità di genere anche attraverso l’utilizzo di un linguaggio non sessista, inclusivo e rispettoso.

“Anche la comunicazione pubblica può e deve svolgere un ruolo fondamentale nella promozione di cambiamenti culturali e nel contrasto alle discriminazioni e agli stereotipi di genere – scrive Toma – e il linguaggio della Pubblica Amministrazione ha un ruolo strategico nel diffondere una cultura contraria alle discriminazioni, che promuova la parità di genere, valorizzando le differenze e contribuendo alla diffusione di modelli sociali, lavorativi e culturali in cui riconoscersi e verso i quali tendere; che nell’ambito della diffusione di una cultura attenta al rispetto delle differenze, si intende sensibilizzare sull’importanza di un linguaggio parlato, scritto e visivo adeguato agli obiettivi etici della comunicazione, in grado di contrastare gli stereotipi di genere, smantellare pregiudizi e discriminazioni anche indiretti, valorizzando le differenze e la presenza femminile. Mai la dialettica politica – conclude – può divenire strumento asservito agli stereotipi di genere”.

De Bartolomeo, del resto, ha affrontato una campagna elettorale con il “vento contrario”, scontrandosi con una compagine composita con forti radici nella destra che ha sbancato quasi ovunque, in provincia. La sua storia coerente, sempre nel fronte progressista e premiata dagli elettori, l’ha vista vincere nella sua cittadina grazie ad un gruppo civico e raggiungendo quasi il 58 per cento delle preferenze.

A qualcuno non è ancora andata giù? “Appare ai miei occhi, ed a quelli dei cittadini, molto grave quello che è accaduto – commenta la sindaca – perché la mancanza di rispetto della parità di genere non passa solo da comportamenti fisici violenti, ma anche dall’uso scorretto e poco appropriato della lingua italiana, nonché da tutti quei retaggi culturali che mal si coniugano con una società che sempre più ha avvitato un processo parità di genere. Il processo di sensibilizzazione deve partire dalla base, tutti i giorni, attraverso comportamenti e buone prassi che passano soprattutto dal rispettoso esempio che si dà in società e ancor prima in famiglia. L’utilizzo puntuale e corretto, nonché istituzionalmente preposto, della lingua italiana, aiuta sicuramente a sensibilizzare la società al rispetto delle donne qualsiasi ruolo esse ricoprano. Ci sarà sempre qualcuno che tenderà a colpirci per il solo fatto di essere Donne, sminuendo il nostro impegno perché Donna, Sig.ra, Sig.na, senza riconoscere né ruoli, né professionalità, né formazione. Risulta più facile chiamare una giovane Sindaca signorina piuttosto che un giovane Sindaco signorino. Purtroppo ci sono ancora persone che pensano che il modello patriarcale e maschilista la faccia da padrone nella nostra società e dispiace ancor di più quando certi retaggi culturali vengano sostenuti da altre donne” conclude De Bartolomeo.
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