Italiano arriva a Lampedusa dal Nordafrica su un barchino

di Giordano Tedoldi – – Il 20 settembre, come accade più volte ogni giorno, è attraccato a Lampedusa l’ennesimo barcone – ma questo era un barchino – di migranti. Erano in quindici e venivano tutti dalla Tunisia, ma quando polizia e operatori medici li hanno controllati sono rimasti basiti di fronte a uno di loro, quarantenne, vestito con cappellino, maglietta, jeans, perché aveva regolari documenti, un passaporto, e il passaporto era italiano, e il passaporto diceva che era nato in Molise, a Isernia. Che diavolo ci faceva un isernino su un barchino con quindici migranti “regolarmente irregolari”, per così dire, dalla Tunisia?

Subito si sono scatenate le ipotesi più varie. Aveva parenti in Nordafrica? Nessuno. L’uomo, dopo i primi controlli amministrativi e sanitari – è risultato negativo al tampone per il Covid – è stato lasciato andare. Nel suo comportamento c’era qualcosa di incredibile, ma nulla di illegale o irregolare, è un normalissimo (si fa per dire) cittadino italiano che, invece di tornare dalla Tunisia con un traghetto di qualche compagnia marittima ufficiale, ha preferito servirsi delle rotte dei migranti e di uno dei loro natanti. Il che dimostra, se ne ce fosse stato bisogno, che sulla questione dei migranti si continuano a tacere molte verità, ad esempio, che le rotte dei barconi e barchini ormai sono se non ufficiali, come quelle delle navi commerciali o da diporto, ufficiose. Insomma, che il Mediterraneo è solcato da due tipi traffico umano, uno regolare e l’altro irregolare, e che il secondo, alla bisogna, può supplire alle necessità del primo, tanto si è strutturato e consolidato.

Già a luglio da uno dei barconi arrivati a Lampedusa era scesa una donna di nazionalità ucraina con un sedicente fidanzato tunisino. Poi il mistero dell’uomo di Isernia, mistero che ha fatto ventilare sull’isola le ipotesi più disparate: un agente dei servizi segreti infiltrato nel traffico dei migranti per smascherare lo scafista? Oppure lui stesso un trafficante? Oppure un accompagnatore che ha voluto scortare, con ammirevole slancio umanitario, quindici suoi amici tunisini in Italia? Insomma, «come gli è venuto in mente?» si è chiesta Angela Caponnetto, la giornalista di Rai News 24 che fin dall’inizio si è interessata alla vicenda.

E il mistero dell’iserniano sul barchino è stato svelato ieri. Ma quale agente segreto, trafficante o inseparabile sodale di quindici tunisini; è proprio un imprenditore di Santa Maria del Molise, provincia di Isernia, con alcune aziende in Tunisia.

Del resto l’aveva già detto alle autorità appena sbarcato: «Col Covid non mi facevano partire, così ho preso il barchino dei migranti». E che ci vuole, se perdi il traghetto o l’aliscafo, salti sul gommone dei disperati e risolvi.

In realtà, secondo gli inquirenti, le cose sarebbero un po’ più complesse, e opache. Secondo le indiscrezioni trapelate, l’imprenditore sarebbe dovuto quasi scappare dalla Tunisia proprio a seguito delle attività delle sue aziende. E poiché per le vie ufficiali sarebbe stato rischioso (leggi identificato, fermato, e tutte le seccature annesse e connesse a chi vuole lasciare un paese senza farsi notare) si è servito delle vie ufficiose aperte dai migranti.

Resta da capire perché l’uomo di Isernia abbia deciso di evitare frontiere, dogane, e insomma di farsi la tratta dalle coste tunisine a Lampedusa in modo così irrituale e, senza dubbio, non poco rischioso. Evidentemente correva un rischio almeno altrettanto grande se restava in Tunisia. Quale? Aveva ricevuto minacce in Nordafrica? E da chi? Per quali ragioni? Tutte domande alle quali probabilmente saranno sufficienti le prossime ore per dare una risposta esauriente.

Intanto rimane il caso strano e in un certo senso emblematico di un italiano che scende da un barchino stipato di tunisini a Lampedusa. Per una volta ci tocca dare ragione a quell’antipatica dell’artista Marina Abramovic, che in un manifesto per una sua iniziativa ecologista sbandierò un vessillo: «Siamo tutti sulla stessa barca». Lì c’era puzza di demagogia (la barca della Abramovic è almeno uno yacht di 30 metri) ma, come si vede, la possibilità di finirci, in uno di quei barchini, c’è pure per gli italiani, dal momento che la soglia tra regolare e irregolare si è fatta così sfumata.

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