Stipendio più basso e più ore di lavoro, 60 cameriere lasciano hotel sardo

Hanno riordinato e pulito le camere di un resort in Sardegna per più di 20 anni e ora si ritrovano senza più un’occupazione dopo avere rifiutato un contratto che prevedeva uno stipendio più basso, con più ore di lavoro. Una prospettiva avanzata a 60 cameriere dell’Isola dalla nuova società – che ha rilevato l’hotel sulla costa di di Dorgali (Nuoro) a Cala Gonone – dopo la fine del lockdown e la ripresa dell’attività ricettiva.

La loro storia, però, simile a tante altre che restano nell’ombra, è stata raccontata dalle stesse protagoniste sui social per “provocare una seria riflessione perché questa situazione non diventi una regola”. E difatti la notizia ha già raggiunto non solo le tante persone che hanno espresso la loro solidarietà sulla rete, ma anche la sindaca della cittadina sulla costa orientale che ora sollecita un intervento del legislatore.

“Si mettano nuovamente al centro della discussione politica i diritti dei lavoratori dipendenti – dice Maria Itria Fancello lanciando un appello alle istituzioni nazionali – e nel contempo si aiutino le imprese riducendo il costo del lavoro per le stesse. Negli ultimi 30 anni abbiamo assistito ad un progressivo ed incessante peggioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori dipendenti – osserva – Contratti con sempre meno tutele, condizioni economiche talvolta non consone”. Nel frattempo, però il lavoro di quelle 60 cameriere, è stato già preso da altre lavoratrici che invece hanno accettato le nuove condizioni contrattuali: “più ore e meno paga, orario full time per tutte, prendere o lasciare – raccontano su Fb le operatrici che hanno lasciato la struttura – Molte di noi si sono rifiutate, le più temerarie hanno accettato, ma dopo 12 giorni di lavoro hanno rassegnato le dimissioni: le condizioni contrattuali non venivano rispettate”.

Le 60 cameriere lanciano anche un messaggio duro alle “altre donne senza troppi scrupoli” che hanno preso il loro posto “Restiamo basite davanti a questa ingiustizia. Magari sono le stesse donne che l’8 marzo vanno a festeggiare non si sa bene cosa, magari non sanno che quella data esiste per una tragedia consumatasi nel 1908 in una fabbrica dove 129 donne muoiono arse vive nel tentativo di migliorare le loro condizioni”. Infine si chiedono “se queste donne conoscano queste e mille altre storie di scioperi e lotte per i diritti di tutti i lavoratori”.  ANSA

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